martedì 30 novembre 2010

L'illuminazione prima dell' l'illuminazione ( S.Suzuki )

“Nella nostra vita di tutti i giorni comunemente ci sforziamo sempre di fare qualcosa, di cambiare qualcosa in qualcos'altro, o di ottenere qualcosa. Proprio questo sforzarci è già di per sé un'espressione della nostra vera natura. Il significato è implicito nello sforzo stesso. Bisogna scoprire il significato del proprio sforzo prima di ottenere il risultato. Per questo Dogen diceva : 'Bisogna raggiungere l'illuminazione prima di raggiungere l'illuminazione'. Non è dopo aver raggiunto l'illuminazione che ne scopriamo il vero significato. Sforzarsi di fare qualcosa è già di per sé illuminazione. (….)
Che cos'è più importante: raggiungere l'illuminazione o raggiungere l'illuminazione prima di raggiungere l'illuminazione ? Fare un sacco di soldi, oppure godere la vita nel vostro sforzo graduale, a poco a poco, anche se è impossibile fare tutti quei soldi ? Avere successo, oppure trovare un significato nel vostro sforzo di avere successo ? Se non sapete la risposta, non sarete nemmeno capaci di praticare lo zazen, se la sapete avrete scoperto il vero tesoro della vita”
Shunryu Suzuki, “Mente zen Mente di principiante”

sabato 27 novembre 2010

Pensare insieme ( J.Krishnamurti )

"Pensare insieme non ha nulla a che fare can l’essere d’accordo o il non esserlo, ma richiede che vengano messi completamente da parte pregiudizi, criteri di valutazione, punti di vista e opinioni personali. Pensare insieme significa I’assenza di qualsiasi divisione tra noi; significa che in voi non c’e un pensatore separato dall’atto di pensare. C’e soltanto l’atto di pensare, la capacita di pensare insieme, e non il vostro modo personale di pensare, diverso dal modo di un’altra persona.

Ma evidentemente questa assenza di divisione non può sussistere se non siete disposti a mettere da parte le vostre esigenze personali, la vostra vanità, le vostre conclusioni particolari, cui date tanta importanza. Finchè non mettete da parte tutto questo, non è possibile incontrarci, non e possibile essere insieme. La parola ‘insieme’ significa camminare insieme, essere vicini in ogni momento e non stare uno avanti e l’altro indietro. Significa fare la stessa strada senza pensare a cose diverse, guardare le stesse cose senza interpretare quello che si vede in base alle proprie preferenze, ai propri pregiudizi; significa osservare, ascoltare, camminare insieme."
Jiddu Krishnamurti – Che cosa vi farà cambiare

mercoledì 17 novembre 2010

Kabir

O cuore mio
A quale riva vorresti traghettarti,
oh cuore mio? Nessuno è in viaggio,
davanti a te, non c'è alcuna strada.

Dov'è il movimento,
dov'è la quiete su quella riva?

Non c'è acqua. Né c'è barca né c'è barcaiolo.

Non c'è fune a sufficienza per alare
la barca, né c'è un uomo che la tiri.
Né terra, né cielo, né tempo
né altro, là. Né riva né guado!

Là non vi sono né corpo né mente.
E dov'è il luogo che spegnerà la sete dell'anima?
Non troverai nulla in quel vuoto.
Sii forte, entra nel tuo stesso corpo;
poiché là lo sgabello è ben saldo.

Valuta bene tutto ciò, o cuore mio!
Non andare altrove.

Kabir

lunedì 18 ottobre 2010

Siamo ciò che pensiamo ( Dhammapada )

"Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero torbido
è seguita dalla sofferenza,
come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue.

Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo
è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero limpido
è seguita dalla gioia,
come la tua ombra ti segue, inseparabile."
Dhammapada

William Blake

"Chi si lega alla gioia,
l'alata vita distrugge.
Chi bacia la gioia al suo passare,
vive nell'alba dell'eternità."
William Blake

domenica 17 ottobre 2010

Niente di speciale. ( C. Joko Bec )

"Che cosa accade con la vera pratica? Perché la sensazione di venire feriti dalla vita inizia col tempo a indebolirsi? Che cosa avviene?
Solo un sé egocentrico, un sé aggrappato a mente e corpo, può essere ferito. Tale sé è in realtà un concetto formato dai pensieri in cui crediamo, ad esempio: «Se non posso averlo, starò malissimo», o «Se non mi va bene, sarà terribile», o «Non avere una casa è davvero orribile». Ciò che chiamiamo il sé non è altro che una serie di pensieri a cui siamo attaccati. Se siamo totalmente assorbiti nel nostro piccolo sé, la realtà, l'energia fondamentale dell'universo, resterà completamente ignorata. [...]
Non vi invito certo a tagliarvi fuori da tutto per essere liberi dall'attaccamento. L'attaccamento non riguarda ciò che abbiamo, ma le nostre opinioni su ciò che abbiamo. [...]
Il lento e difficile cambiamento indotto dalla pratica fonda la nostra vita e le dà più pace genuina. Senza lottare per essere in pace, scopriamo che le tempeste della vita ci colpiscono sempre più lievemente. Iniziamo ad allentare l'attaccamento ai pensieri che identifichiamo con noi stessi. L'io è un concetto che si logora con la pratica.
[...]
L'atteggiamento o comprensione basilare di non essere separati causa un cambiamento radicale nella nostra vita emotiva. Questa comprensione implica che, di fronte a qualunque fatto, non ci sentiamo particolarmente feriti. Ciò non significa non occuparsi dei problemi che si presentano, ma non borbottare mentalmente: «Che cosa terribile! Nessuno passa i guai che io sto passando». È come se la comprensione cancellasse questo tipo di reazioni.
Studente Quindi, sentirsi feriti è solo i nostri pensieri riguardo a una situazione?
Joko Sì. Non identificandoci più con questi pensieri, affrontiamo semplicemente la situazione e non lasciamo che influisca emotivamente su di noi.
Studente Ma possiamo sentirci feriti.
Joko Certo, e non sarò io a negare questo sentimento. Nella pratica lavoriamo con le sensazioni fisiche e i pensieri che sono, nel loro insieme, questo 'mi sento ferito'. Se sperimentiamo totalmente le sensazioni e i pensieri, il 'mi sento ferito' evapora. Non dirò mai che non dovremmo sentire i sentimenti che proviamo.
Studente Allora vuoi dire di lasciar andare l'attaccamento per la ferita?
Joko No. Non possiamo obbligarci a lasciar andare un attaccamento. Anche se l'attaccamento è solo un pensiero, non possiamo decidere: «Adesso lo lascio andare». Non può funzionare. Dobbiamo capire che cos'è l'attaccamento. Dobbiamo sperimentare la paura, la sensazione fisica che sta sotto l'attaccamento. allora l'attaccamento avvizzirà. Un'incomprensione diffusa è che nello Zen dobbiamo 'lasciar andare'. Non possiamo costringerci a lasciar andare. Dobbiamo sperimentare la paura che c'è dietro.
Inoltre, sperimentare l'attaccamento o la sensazione non significa drammatizzarlo. Drammatizzare un'emozione significa nasconderla.
Studente Se sperimentassi davvero la mia tristezza, non avrei più bisogno di piangere?
Joko Possiamo anche piangere. Ma c'è una differenza tra piangere e drammatizzare la nostra tristezza, paura o rabbia. Drammatizzare è il più delle volte un nascondere. Per esempio, una persona che urla, strilla, lancia oggetti e si accapiglia con un altro, non è in contatto con la sua rabbia" (pp. 60, 63Niente di speciale.
Charlotte Joko Bec,Niente di speciale.Vivere lo zen

J. P. Sartre

"Capire significa trasformarsi,
significa oltrepassare se stessi."

J. P. Sartre, Critica della ragion dialettica

Franz Kafka

“Non occorre che tu esca dalla stanza: rimani seduto al tavolo e ascolta.
Non ascoltare neanche, limitati ad aspettare.
No, non aspettare nemmeno: resta tranquillo e solo.
Il mondo ti si offrirà liberamente.
Non ha altra scelta che farsi smascherare”.
Franz Kafka

martedì 12 ottobre 2010

Abbracciare il dolore ( Thich Nhat Hanh )

"Quando i blocchi di dolore, di dispiacere, rabbia e disperazione si fanno più forti e più grossi, premono per salire nella coscienza mentale, nel soggiorno a reclamare la nostra attenzione. Essi desiderano emergere, ma noi non li vogliamo, perchè ci fanno stare male solo a vederli.
Non avendo nessuna voglia di affrontarli, usiamo riempire il soggiorno con altri ospiti: prendiamo in mano un libro, accendiamo la tv, andiamo a fare un giro in macchina... qualunque cosa pur di tenere occupato il soggiorno.
Abbracciare il tuo dolore e il tuo dispiacere con l'energia della presenza mentale è esattamente come massaggiare la coscienza invece che il corpo.
Quando togli l'imbargo e i blocchi di dolore affiorano ti tocca soffrire, almeno un po', non c'è modo di evitarlo. Occorre imparare ad abbracciare questo dolore. Dopo che avrai abbracciato per qualche tempo i tuoi dolori, essi torneranno in cantina e si ritrasformeranno in semi.
Se invitiamo il seme della paura ad uscire allo scoperto, siamo anche meglio equipaggiati per prenderci cura della rabbia.
E' la paura a generare la rabbia: quando hai paura non sei in pace e questo tuo stato diventa il terreno dove la rabbia può crescere.
La paura si fonda sull'ignoranza, mancanza di chiara comprensione.
Immergi quotidianamente la tua rabbia, la tua disperazione, la tua paura in un bagno di presenza mentale: la pratica di invitare i semi ogni giorno per abbraccaiarli è molto salutare.
Dopo svariati giorni o settimane di questa pratica, avrai generato una buona circolazione nella tua psiche. La presenza mentale lavora come un massaggio delle formazioni interne, dei tuoi blocchi di sofferenza. Questi devono poter circolare liberamente, dentro di te, possono farlo soltanto se non ne hai paura. Se impari a non avere paura dei tuoi nodi di sofferenza, puoi imparare anche ad abbracciarli con l'energia della consapevolezza e a trasformarli."
Thich Nhat Hanh

lunedì 11 ottobre 2010

Lasciar andare

""Una volta ispirati, né il cielo né la terra si possono più trovare. Una volta raggiunto questo luogo, l'eternità è illuminata: come potrebbe esservi qualcosa dato dai Buddha?
Se volete raggiungere pienamente questo luogo, dovete lasciar andar tutto. Non cercate nemmeno il regno della buddhità o della padronanza dello Zen. E ancora meno dovreste avere amore per voi stessi o odio per gli altri. Senza far sorgere nessuna concettualizzazione, guardate direttamente: c'è qualcosa che non ha pelle o carne, il suo corpo è come lo spazio senza nessuna specifica forma o colore. È come acqua pura, perfettamente chiara. Vuoto e chiaro, si tratta semplicemente di esserne del tutto consapevoli.
Come spiegare questo principio?

L'acqua è chiara fino in profondità;
Splende senza bisogno di pulirla".

Tutto va lasciato andare. Non c'è nulla da trattenere: arrendevolezza, arrendevolezza. Trattenere vuole dire paura; lasciare è libertà. Trattenere è chiusura; lasciare è apertura. Trattenere è sforzo; lasciare è riposo. Trattenere è tensione; lasciare è calma. Trattenere è separare; lasciare è unire. Tutto è illuminato, tutto è pieno di eternità; non c'è nessuna distinzione, nessun alto o basso. Non c'è cielo e terra, non c'è samsara e nirvana. È tutto già qui, presente. Cosa andare a cercare dai Buddha? Cosa aggiungerebbero i Buddha a questo dato di fatto, a questa incontrovertibile realtà? È il tuo voler trattenere che ti fa mettere in fuga verso il Buddha, è la tua assenza dalla realtà. Fai distinzioni: tra te e ciò che vorresti essere, tra te e gli altri. Allora cerchi certe cose, fuggi da altre; vuoi migliorare la situazione, vuoi rifuggire certe condizioni. Fai il buddhista, ti interessi di zen, ecc.
Eppure non si tratta di un sapere, non si tratta di un pensiero. È qualcos'altro: è un "guardare direttamente". Quando hai lasciato la presa, come non puoi guardare direttamente? Sei immerso nella realtà, nella sua autenticità, nella sua imprevedibile verità, le barriere non ci sono più. Sei abbandonato, totalmente. Non è questione di tecniche, di nuove conoscenze, di libri, di pratiche. Non c'è nulla di complicato: è anzi la cosa più semplice che vi sia, quella che dovrebbe risultare più naturale, più immediata. È l'abbandono di qualsiasi piano, di qualsiasi escamotage, di qualsiasi strumentalismo. Non c'è nessun esercizio della volontà da mettere in atto, non è un cercare e conquistare qualcosa. È proprio il contrario: è uscire dalla gabbia della nostra volontà, fuori dai nostri devi e non devi, dai nostri bene e male, dai nostri mi piace e non mi piace. Nel senso che c'è un'altra possibilità: è quell'essere chiari, vuoti, limpidi come acqua, disponibili come lo è un lago in cui venga gettato un sasso. Sono state abbandonate le reattività, abbandonati i desideri di rivalsa, gli egocentrismi di conquiste. Quanti pesi, quante zavorre, quanta inutilità...
È così evidente tutto questo! Se non lo capiamo subito, non serviranno certo altre stupide parole per convincerci. Se non lo capiamo subito, tutti i sutra del mondo ci serviranno solo come conforto psicologico, correremo dai guru di turno per coprire i nostri vuoti, ecc. Finché mi diletterò ad aggiungere ulteriore materiale al mio bagaglio di esperienze, continuerò a vivere facendo i miei soliti giochini di anima bella, sovrapponendo filtri su filtri o sostituendoli fra loro. Ecco, appunto: lo zen di cui parliamo è un'altra cosa. È non avere bisogno di pulire l'acqua, già così splendida. C'è qualcosa che è al di là degli artifici, dei nostri tentativi di comprensione, dei pensieri più alti: è quella cosa di cui fare esperienza. È quella cosa da sentire, al di là della forma e del colore. È nella crepa di una mattonella, nel movimento di un braccio, in una parola casuale, nel prendere una posata, ... "Si tratta semplicemente di esserne del tutto consapevoli".
La consapevolezza apre, pone in un atteggiamento di disponibilità, è in sintonia con il 'lasciare la presa'. Nella pratica meditativa lo si capisce molto bene: vanno di pari passo. Consapevolezza e abbandono: consapevolezza senza abbandono rischia di scadere in un esercizio sterile di concentrazione e di chiusura; abbandono senza consapevolezza porta al torpore, all'obnubilamento mentale, alla vaghezza, all'incoscienza. Quindi: consapevolezza e apertura, consapevolezza e abbandono, consapevolezza e svuotamento. Il resto è rifiuto, negazione, opposizione, rigidità, resistenza. Sostanzialmente è mancanza d'amore."
Dal Denkoroku di Keizan, maestro zen del XIII secolo
su http://www.lameditazionecomevia.it/denko11.htm

giovedì 7 ottobre 2010

Non fare ( Ghendun Rimpoche )

"La felicità non può essere trovata attraverso un grande sforzo e volontà ma è già presente, nel rilassamento e nel lasciare andare.

Non sforzarti;non c’è niente da fare.

Qualunque cosa sorga nella mente non ha nessuna reale importanza, perché non ha una qualsivoglia realtà. Non attaccarti a essa; non identificarti con essa e non giudicarla.

Lascia che l’intero gioco accada da sé balzando in alto e ricadendo come onde – senza cambiare o manipolare alcunché – e ogni cosa svanisce e riappare, magicamente, senza fine. Solo la nostra ricerca della felicità ci impedisce di vederla. È come un arcobaleno che insegui senza mai riuscire a raggiungerlo.

Quantunque non esista, è sempre stato là e ti accompagna in ogni istante.

Non credere nella realtà di esperienze buone e cattive;esse sono come l’arcobaleno nel cielo. Volendo afferrare l’inafferrabile, ti stanchi inutilmente. Non appena apri e rilassi questa presa ecco uno spazio aperto, invitante e confortevole. Perciò usa questa spaziosità,questa libertà e agio naturali.

Non cercare più oltre. Non andare nella fitta giungla in cerca del grande elefante che è già quietamente a casa.

Non c’è niente da fare, niente da forzare, niente da volere – e ogni cosa accade da sé."

Lama Ghendun Rimpoche

sabato 2 ottobre 2010

"L'accettazione, la via rasserenante del sì" (C. Pensa)

"L'abbandono-accettazione non è un aspetto tra gli altri del cammino spirituale, [...] ma ne è, piuttosto, il cuore. Nelle parole di san Francesco di Sales: l'abbandono è la virtù delle virtù.
[...] Alla non accettazione di sé si accompagna inesorabilmente la non accettazione degli altri.
[...] L'accettazione, la via rasserenante del sì [...] deve estendersi capillarmente a tutta la nostra vita. Ma questo processo rigenerativo [...] non può aver luogo senza che, anzitutto, si instauri una seria amicizia per noi stessi [...], in luogo dell'inimicizia e della distruttività. Inimicizia e distruttività che, si badi bene, sono anche il nucleo di atteggiamenti apparentemente volti alla cura di sé, quali l'orgoglio o il narcisismo.
[...] La natura profonda, intrinsecamente luminosa, della mente-cuore è offuscata dalle afflizioni dell'attaccamento-avversione-ignoranza. [...]
La chiusura o la contrazione del cuore [...] è la contrazione contro ciò che è spiacevole ed è la contrazione intorno a ciò che è piacevole. [...] Se vogliamo, poi, il comune denominatore di avversione e di attaccamento è la paura, paura di incontrare lo spiacevole (avversione) e paura di perdere il piacevole (attaccamento). Ora l'opera della meditazione di consapevolezza [...] è, né più né meno, l'apertura del cuore, [...] allevare un'attenzione non giudicante [...].
Quanto più entriamo in contatto - mercé la consapevolezza - con la contrazione, tanto più cominciamo ad aprirci. Dunque: più entriamo in contatto con la non-accettazione o paura e sentiamo il suo effetto tagliente e divisivo, più ci rivolgiamo fiduciosi verso l'accettazione e verso il suo spirito unitivo. [...]
Dice un [...] grande maestro cristiano dell'abbandono, il Padre Jean Pierre de Caussade: «La pratica di accettare a ogni istante lo stato presente [...] può, da sola, mantenerci sempre nella pace del cuore e farci progredire molto senza ansietà, turbamento e inquietudine». [...]
Nel buddhismo un'accettazione matura si chiama equanimità [...].
Quanto più apprendiamo l'arte dell'accettazione, tanto più qualcosa cresce in noi: ci rendiamo conto che l'accettazione [...] ci dona [...] la ricchezza di una pace più salda di quella finora conosciuta. Una pace che porta con sé apprezzamento (invece di attaccamento) per ciò che è piacevole e rispetto per ciò che è spiacevole invece che avversione e paura.
[...] Oltre il vasto mare della sofferenza e dell'ignoranza, c'è altro e [...] questo 'altro' è già qui, in noi, nel mondo [...]. L''altro' impaziente [...] che [...] si possa giungere a una «Condizione di semplicità assoluta / Che costa non meno di ogni cosa. / E tutto sarà bene / E ogni sorta di cose sarà bene» (T.S. Eliot).
[...]
La facilità alla gratitudine [è il] polo opposto al dare tutto per scontato, che è una forma di indurimento, una forma di chiusura, a volte penosamente cronica. La facilità alla gratitudine è il contrario del sentirsi dolorosamente in credito, di sentire spesso - o sempre e comunque - di non essere abbastanza, di non avere abbastanza, di non ricevere abbastanza: grandi sofferenze, che la pratica ci aiuta progressivamente a comprendere e a sciogliere. [...] La consapevolezza è una grande compagna della gratitudine, la consapevolezza [...] ci fa notare con grande tranquillità tutto quello che riceviamo, [...] ce lo fa scoprire con naturalezza [...].
[...] Va crescendo la naturale prontezza alla gratitudine per piccole, piccolissime cose. Ma la gratitudine non è piccola: l'occasione è piccola per i criteri convenzionali, un saluto, una telefonata, un incontro, l'improvvisa apparizione di un bosco dopo una curva. La prontezza alla gratitudine. La capacità di meravigliarsi e dire grazie. Grazie, grazia, gratitudine" (pp. 154-164, 165-166).
Corrado Pensa, L'intelligenza spirituale su La meditazione come via

L'elefante incatenato (J. Bucay )

"Quando ero piccolo adoravo il circo, ero attirato in particolar modo dall'elefante che, come scoprii più tardi, era l'animale preferito di tanti altri bambini.

Durante lo spettacolo faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune... ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l'elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. e anche se la catena era grossa mi pareva ovvio che un animale del genere potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.

Che cosa lo teneva legato? ...

Chiesi in giro a tutte le persone che incontravo di risolvere il mistero dell'elefante; qualcuno mi disse che l'elefante non scappava perchè era ammaestrato... allora posi la domanda ovvia: "se è ammaestrato, perchè lo incatenano?". Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.

Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell'elefante e del paletto. Per mia fortuna qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato tanto saggio da trovare la risposta: l'elefante del circo non scappa perchè è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.

Chiusi gli occhi e immaginai l'elefantino indifeso appena nato, legato ad un paletto che provava a spingere, tirare e sudava nel tentativo di liberarsi, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perchè quel paletto era troppo saldo per lui, così dopo vari tentativi un giorno si rassegnò alla propria impotenza. L'elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perchè crede di non poterlo fare: sulla sua pelle è impresso il ricordo dell'impotenza sperimentata e non è mai più ritornato a provare... non ha mai più messo alla prova di nuovo la sua forza... mai più!

...A volte viviamo anche noi come l'elefante pensando che non possiamo fare un sacco di cose semplicemente perchè una volta, un po' di tempo fa ci avevamo provato ed avevamo fallito, ed allora sulla pelle abbiamo inciso "non posso, non posso e non potrò mai".
L'unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore... tutto il tuo cuore!"
Jorge Bucay, Lascia che ti racconti. Storie per imparare a vivere, 2004, Rizzoli

venerdì 1 ottobre 2010

L'Attenzione ( C. Pensa )

"L'attenzione è subordinata al compito, al lavoro, al film. L'attenzione è al servizio di quello che stiamo facendo: se ci distraiamo non portiamo a termine il lavoro, lo facciamo male; se ci distraiamo, ci perdiamo un pezzo del film. Questa attenzione serve a farci godere il film, serve a fare il lavoro che dobbiamo fare. È funzionale e subordinata. Questa attenzione si chiama, nella tradizione buddhista, manasikàra: attenzione pura e semplice.
Per vivere, per sopravvivere, abbiamo bisogno di manasikàra.
Ma ci deve essere stato un momento, a me piace immaginare così, in cui qualcuno si è chiesto che cosa sarebbe successo se avesse lasciato che l'attenzione in se stessa fosse il valore centrale, invece di metterla al servizio di un lavoro o di uno svago. Che cosa sarebbe accaduto se l'attenzione gratuita, in sé, fosse diventato il valore centrale. Se svolgendo un compito mettiamo l'attenzione al primo posto, se cioè l'attenzione è lo scopo primario e il portare a termine il lavoro nel tempo dovuto è lo scopo secondario, c'è un netto ribaltamento rispetto a come vanno abitualmente le cose. Se è l'attenzione ad avere il primo posto, il lavoro che stiamo svolgendo diventa un supporto dell'attenzione, e questo ci porta a un sentire unificato, pacificato. Quell'antico sperimentatore avrà notato che l'attenzione gratuita, l'attenzione di per sé, l'attenzione non al servizio di altro, porta unione, unità, unificazione e pacificazione. Se ascoltiamo qualcuno non perché vogliamo fargli piacere o perché vogliamo vedere dove vuole andare a parare (queste sono forme di attenzione non gratuita, sono le forme di attenzione usuali), se ascoltiamo qualcuno con attenzione non giudicante, cioè con attenzione per l'attenzione, con attenzione gratuita, avremo anche qui un effetto di unificazione e di pacificazione. Ci siamo aperti, senza riserva, a questo ascolto".

Corrado Pensa, da "Attenzione saggia, attenzione non saggia"

mercoledì 29 settembre 2010

"Fare" ed "Essere" (A. Lowen )

"Tutte le creature di Dio, tranne l'uomo, esistono soltanto. L'uomo non si accontenta di essere soltanto; egli deve fare qualcosa, realizzare qualcosa, creare qualcosa. L'impulso dell'Io a creare produce cultura, [...] ma può anche essere lo strumento della sua distruzione [...].
L'antitesi tra essere e fare è riconosciuta dal nostro linguaggio. Quando diciamo: «Così sia», per esempio, intendiamo: «Non fare nulla». Fare qualcosa non è lasciar essere. [...] Quando la situazione è interiore, cioè uno stato dell'essere, cercare di cambiare questo stato con il fare ha come risultato una riduzione dell'essere. Questo può essere spiegato dal fatto che, per agire su di sé, una parte della personalità deve ribellarsi all'altra. L'Ego o l'Io si ribellano al corpo usando la volontà contro le sensazioni del corpo. In questo processo l'essere è scisso e quindi ridotto. [...] I nevrotici tentano sempre di cambiare se stessi usando la forza di volontà, ma questo serve solo a renderli più nevrotici. La salute emotiva può essere raggiunta solo attraverso una consapevolezza di sé e un'accettazione di sé. Lottare per cambiare il proprio essere ha come conseguenza che la persona è coinvolta più profondamente nel destino che cerca di evitare. [...]
Il cambiamento prodotto dall'applicazione di una forza dall'esterno è prodotto dal fare e influisce negativamente sull'essere. Tuttavia, c'è un processo di cambiamento che avviene dall'interno e non richiede sforzi coscienti. È chiamato crescita e migliora l'essere. Non è qualcosa che si può fare: quindi non è una funzione dell'Io ma del corpo. [...]
L'Io è impegnato a stabilire un fine e a controllare le azioni per raggiungerlo. D'altra parte un'attività in cui manca il coinvolgimento dell'Io appartiene alla modalità 'essere'. Questo significa che, se il fine è secondario rispetto all'azione, l'attività si qualificherebbe come essere piuttosto che come fare. Per esempio, passeggiare per il corso appartiene alla modalità 'essere' mentre camminare rapidamente verso la stazione per prendere il treno è 'fare'. [...]
Un'altra distinzione importante riguarda il centro dell'attività. Quando l'attività è centrata su ciò che accade nel mondo esterno, può essere considerata 'fare'. Quando l'attenzione è rivolta su ciò che succede all'interno, cioè sulle sensazioni che si hanno durante un'attività, siamo nella modalità 'essere'. [...]
L'essere si identifica alle sensazioni. Non si può fare o produrre una sensazione come non si può fare l'essere. Per essere autentica, una sensazione deve nascere spontaneamente [...]. Inoltre, le sensazioni non compiono o producono nulla. Le sensazioni non hanno nessuno scopo o obiettivo; in altre parole, non possiamo sentire allo scopo di. [...]
Il fare non implica né determina sensazioni, anzi, può veramente inibirle o bloccarle. Per esempio, quando cammino dal'ufficio alla stazione ferroviaria con l'idea di raggiungerla il più rapidamente possibile, non provo altre sensazioni oltre a un senso di fretta di prendere il treno. Tutti i miei movimento sono tesi verso l'obiettivo e le sensazioni sono irrilevanti. Di fatto, esse ostacolerebbero una prestazione efficiente. Nell'interesse dell'efficienza trasformo me stesso in una macchina fin quando l'obiettivo è raggiunto. [...]
D'altra parte, è possibile fare o produrre qualcosa con sentimento. Affinché ci siano sensazioni, il processo o l'azione devono essere almeno importanti quanto lo scopo. Nell'esempio di prima, se mi avviassi verso la stazione con comodo perché ho un sacco di tempo, proverei il piacere della passeggiata e mi divertirei a guardare la gente e le vetrine. Ciò succede a volte, ma di solito ho troppo da fare. Non è una frase nella bocca di tutti? [...] La gente ha tanta fretta da non avere il tempo di respirare o di essere. Essere richiede tempo: tempo per respirare e tempo per sentire. [...] Se prestiamo al processo almeno tanta attenzione quanta ne prestiamo all'obiettivo, fare diventa un'azione creativa e che ci esprime e aumenta il senso dell'essere. Per quanto riguarda l'essere, ciò che conta non è quello che si fa, ma come si fa. Per il fare, è vero il contrario.
Quando un'attività ha la qualità del fluire appartiene all'essere. Quando ha la qualità dello spingere appartiene al fare. [...] Un'attività che per essere svolta richiede una pressione è dolorosa perché [...] impone uno sforzo cosciente grazie all'uso della volontà. [...] L'importanza data all'acquisizione di nozioni e il disinteresse per le sensazioni fa sì che i bambini si oppongano alla scuola perché sentono che il loro essere è negato da questo sistema"

Alexander Lowen ,Paura di vivere,pp. 80-83 ;
da http://www.lameditazionecomevia.it/lowen1.htm

domenica 12 settembre 2010

Cinque fattori di sviluppo dell' unione ( Christina Feldman )

"..nel campo della concentrazione ci sono cinque fattori di sviluppo dell’unione o dell’assorbimento. Sono: attenzione applicata, attenzione sostenuta, rapimento, felicità, e unità. Il primo fattore, l’attenzione applicata, è quello che pratichiamo qui. È quello da cui partiamo: portiamo l’attenzione, ancora, sempre di nuovo, al momento presente. E questo ci avvicina, e avvicinandoci, essendo più vicini al respiro, siamo più vicini al momento presente.

Inoltre, constatiamo che la nostra attenzione è spesso riluttante a rilassarsi in questa unità. Perdiamo interesse nel respiro, ci annoiamo, l’attenzione viene presa in ostaggio da qualcos’altro che sta accadendo, o si perde nelle reazioni a quello che avviene. Diamo qualche occhiata di sfuggita al respiro, ma sembra che ci sia molto altro che si frappone: suoni, pensieri, sensazioni del corpo, tutte cose che si intromettono. All’inizio, ci troviamo a cercare di spingere via tutto questo, reagiamo, e trattiamo tutto come distrazione, ma così facendo diventiamo più tesi, e aumenta la resistenza.

Più avanti, cominciamo a vedere che la coltivazione dell’unità deve includere tutto. Così, invece di lamentarci, o resistere, o lottare con i suoni e le sensazioni, scopriamo che possiamo portare la stessa attenzione saggia a tutto quanto. E invece di perderci o di diventare reattivi, impariamo a sostenere tutto quello che sorge, con un’attenzione calma e gentile; e vediamo che la forza della nostra attenzione sta nell’illuminare tutto quello che c’è. E quando tutto è illuminato dall’attenzione saggia, non esistono ostacoli.

In questa calma, ci spostiamo dall’attenzione applicata all’attenzione sostenuta. Quando la mente e il corpo cominciano a integrarsi, e riposano in un senso di felicità e benessere, non c’è bisogno di molto sforzo per essere presenti, perché scopriamo che essere presenti, svegli e attenti è di fatto un aspetto della felicità.

Quando arriviamo a un’attenzione naturale e senza sforzo, riposiamo nel respiro: il respiro respira se stesso, c’è il semplice ascoltare, il solo camminare. Questa è detta attenzione sostenuta, perché è semplice riposare nel momento presente.

All’interno dell’attenzione sostenuta, sorge il rapimento, un profondo e intenso senso di beatitudine, che pervade la mente e il corpo, e accade un grande silenzio. Questo senso di rapimento diventa più calmo e si muta in una forma molto quieta e silenziosa di felicità; e la felicità è ciò che dà origine all’unione o assorbimento. Questo è lo sviluppo della concentrazione."
Christina Feldman : http://www.pomodorozen.com/zen/unita-christina-feldman

mercoledì 8 settembre 2010

B. Pascal

«Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati del passato e dell’avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo, è solo per prenderne lume al fine di predisporre l’avvenire. Il presente non è mai il nostro fine; il passato e il presente sono i nostri mezzi; solo l’avvenire è il nostro fine. Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e, preparandoci sempre ad esser felici, è inevitabile che non siamo mai tali»
B. Pascal , 172

martedì 31 agosto 2010

William Blake 

Se le porte della percezione si purificassero, ogni cosa apparirebbe all'uomo così com'è, infinita... 


    
Non vuoi capire che ogni Uccello che fende le vie dell’aria 
È un universo di delizie, chiuso dai tuoi cinque sensi? 


                                                           William Blake                                                                                       

Rumi

Rinuncia a qualunque idea, 
E che il tuo cuore intero sia puro 
Come la faccia di uno specchio 
Senza immagine o disegno. 
Divenuto puro da ogni immagine 
Tutte le immagini sono contenute. 
Se i colpi che ricevi ti esasperano, 
Come diventerai uno specchio limpido 
Se non sarai lucidato? 
Tutto è uno, l'onda e la perla, 
Il mare e la pietra. 
Nulla di ciò che esiste in questo mondo 
E' al di fuori di te. 
Cerca bene in te stesso 
Ciò che vuoi essere poiché sei tutto. 
La storia del mondo intero sonnecchia 
In ognuno di noi. 


                            Rumi 

Tagore 


"Una mattina ero sulla veranda della casa... il sole stava sorgendo e appariva attraverso il fogliame degli alberi che mi stavano davanti. 
A un tratto, mentre stavo osservando questo spettacolo, mi sembrò che un velo mi cadesse dagli occhi e vidi il mondo permeato da un meraviglioso splendore, con ondate di bellezza e gioia che sorgevano da ogni lato.
Questo splendore penetrò in un istante attraverso i cumuli di tristezza e di depressione che opprimevano il mio cuore e lo inondò di luce universale." 


 Rabindranath Tagore 

Aforismi di A. Einstein

E' più difficile disintegrare un pregiudizio che un atomo.

Chi non ammette l'insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato.

La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.

Ogni persona seriamente risoluta nella ricerca della scienza diventa convinta che nelle leggi dell'Universo si manifesta uno spirito - uno spirito di gran lunga superiore a quello dell'uomo, e uno di fronte al quale noi, con i nostri modesti poteri, dobbiamo sentirci umili.

Il vero valore di un essere umano è rivelato dalla sua capacità 
di raggiungere la liberazione da sé stesso. 

Madre Teresa Di Calcutta




Ama la vita così com’è
Amala pienamente,senza pretese;
amala quando ti amano o quando ti odiano,
amala quando nessuno ti capisce,
o quando tutti ti comprendono.
Amala quando tutti ti abbandonano,
o quando ti esaltano come un re.
Amala quando ti rubano tutto,
o quando te lo regalano.
Amala quando ha senso
o quando sembra non averlo nemmeno un pò.
Amala nella piena felicità,
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte,
o quando ti senti debole.
Amala quando hai paura,
o quando hai una montagna di coraggio.
Amala non soltanto per i grandi piaceri
e le enormi soddisfazioni;
amala anche per le piccolissime gioie.
Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,
amala anche se non è come la vorresti.
Amala ogni volta che nasci
ed ogni volta che stai per morire.
Ma non amare mai senza amo
re.
Non vivere mai senza vita!

Madre Teresa Di Calcutta

Walt Whitman

«Niente è mai veramente perduto, o può essere perduto,
Nessuna nascita, forma, identità, nessun oggetto del mondo.
Nessuna vita, nessuna forza, nessuna cosa visibile;
L'apparenza non deve ostacolare, né l'ambito mutato
confonderti il cervello.»

 
Walt Whitman

William Shakespeare


"Dolci sono i vantaggi all’avversità che, brutta e velenosa come il rospo,
porta tuttavia una pietra preziosa nella testa.
Questa nostra vita, esente dalla pubblica frequenza,
trova lingue negli alberi, libri nei liberi ruscelli,
prediche nelle pietre, e del bene in ogni cosa."


(William Shakespeare, A piacer vostro)

Se dovessi rivivere la mia vita ( Nadine Stair )

Se dovessi rivivere la mia vita, la prossima volta oserei fare più errori, sarei più rilassata, meno intransigente, più folle di quanto non lo sia stata questa volta. Prenderei sul serio molte meno cose. Coglierei più occasioni, viaggerei di più, scalerei più montagne e nuoterei in più fiumi. Mangerei più gelati e meno fagioli. Forse, avrei più guai; ma meno guai immaginari.
Vedete, sono una di quelle persone che è sempre stata riflessiva e sana, ora dopo ora, giorno dopo giorno. h, ho avuto i miei momenti. Se dovessi tornare a vivere, ne avrei di più. Anzi, cercherei di avere solo quelli: attimi, l'uno dopo l'altro; vivrei pensando all'oggi anzichè al domani. Sono stata una di quelle persone che non vanno mai in un posto senza portare con sè un termometro, una borsa dell'acqua calda, un impermeabile e un paracadute. Se rivivessi, viaggerei più leggera.
Se rivivessi, comincerei a girare scalza dall'inizio della primavera fino ad autunno inoltrato. Andrei a più balli, cavalcherei più cavalli da giostra, raccoglierei più margherite....


Nadine Stair, 85 anni
Louisville, Kentucky

Blaise Pascal


Tutta l' infelicità degli uomini
proviene da una cosa sola:
dal non saper restare tranquilli
in una camera.

**

L'ultimo passo della ragione
è riconoscere
che c'è un'infinità di cose che la sorpassano.


Blaise Pascal

Questa è la mia migliore occasione ( Soen Ozeki )



Questa è la mia migliore occasione.
Ogni giorno della mia vita è allenamento.
Allenamento per me stesso.
Anche se il fallimento è possibile.
Vivendo ogni momento.
Uguale verso ogni cosa.
Pronto per ogni evenienza.
Io sono vivo. Io sono questo momento.
Il mio futuro è qui ed ora.
Per cui se non posso provare oggi
Dove e quando lo farò?

Soen Ozeki

Silenzi ( Lalla Romano )

Silenzi


D’estate, nel silenzio dei meriggi,

sopra la terra esausta ed assopita,

incombe il peso d’una enorme assenza.


Ma dai grandi silenzi dell’inverno,

sopra la terra rispogliata e nuda,

infinita certezza si disserra.


Tutto perdemmo: fu sprecato il tempo

sì breve del fiorire, ma ora il cielo,

non più velato dalle foglie, immenso,


di luce inonda gli orizzonti, e nulla

fuorché il cielo è vivente sulla terra,

una più vera vita è in questa morte.


Lalla Romano, 1930

I gigli dei campi e gli uccelli del cielo ( S. Kierkegaard )

"Il giglio e l'uccello, i gioiosi maestri di gioia, sono la gioia stessa perché sono incondizionatamente gioiosi. Colui infatti la cui gioia dipende da determinate condizioni non è la gioia stessa, la sua gioia è nelle condizioni, è condizionata da esse. [...] Ma il loro insegnamento di gioia, che di nuovo la loro vita esprime, è con grande brevità il seguente: c'è un oggi che è - sì, un'enfasi infinita cade in questo è. C'è un oggi e non c'è nessuna, proprio nessuna preoccupazione per il domani, o per il giorno seguente. Non è leggerezza quella del giglio e dell'uccello, è invece la gioia del silenzio e dell'obbedienza. Perché quando tu taci nel silenzio solenne, quale è in natura, non esiste domani; e quando tu obbedisci, come obbedisce il creato, non c'è il domani, quel giorno maledetto, l'invenzione della chiacchiera e della disobbedienza. [...] Che cos'è la gioia, che cos'è essere gioiosi? È essere davvero presenti a se stessi. Ma l'essere davvero presenti a se stessi è questo «oggi», è essere oggi, essere davvero oggi".
S. Kierkegaard

Consapevolezza dentro e fuori ( Paulo Coelho )



"Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.
Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto.
Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.
Nel frattempo, voglio chiederti un favore, concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.
Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio.
Allora, gli domandò questi, hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?'
Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato.
Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo, disse il Saggio. Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.
Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto.
Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato? domandò il Saggio.
Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.
Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti, concluse il più Saggio dei saggi.
Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino".


Paulo Coelho

Felicità ( Hermann Hesse )

Felicità

Fin quando dai la caccia alla felicità,
non sei maturo per essere felice,
anche se quello che più ami è già tuo.

Fin quando ti lamenti del perduto
ed hai solo mete e nessuna quiete,
non conosci ancora cos'è pace.

Solo quando rinunci ad ogni desiderio
e non conosci né meta né brama
e non chiami per nome la felicità,

Allora le onde dell'accadere non ti raggiungono più
e il tuo cuore e la tua anima hanno pace.


Hermann Hesse

Sono consapevole ( Emily Dickinson )


Sono consapevole nella mia stanza
Di un amico senza forma -
La posizione non lo mostra -
Né lo conferma - la parola -

Né il posto - è necessario che gliene dia uno? -
È più gentile
Un’intuizione accogliente
Della sua compagnia

Presenza - è la sua libertà più grande -
Non c'è suono
Da lui a me - da me a lui -
Che ci tolga integrità -

Stancarsene sarebbe più strano
Che per un atomo -
Trovare monotona
La vasta compagnia del cielo -

Né so se visita altri -
Se rimane - o no -
Ma l’istinto lo sente come
Immortalità.


Emily Dickinson

T,S.Eliot

“Il fine di tutto il nostro esplorare
Sarà di giungere al punto da cui siamo partiti
E di conoscere il luogo per la prima volta.
..
Eppure la concatenazione del passato e del futuro
Intessuti nella debolezza
Del corpo che cambia
Protegge l’umanità dal cielo e dalla dannazione
Che la carne non può sopportare.
Il tempo passato e il tempo futuro
Non permettono che poca consapevolezza.
Essere consapevole è non essere nel tempo
Ma solo nel tempo il momento nel giardino
Delle rose,
Il momento sotto la pergola dove la pioggia
Batteva
Il momento nella chiesa piena di correnti d’aria
All’ora che il fumo ristagna,
Possono essere ricordati, mischiati al passato
E al futuro.

Solo col tempo si riconquista il tempo.”

T,S.Eliot

Ode al presente ( P. Neruda)

Ode al presente
Questo
Presente
liscio
come una tavola,
fresco,
quest'ora,
questo giorno
terso
come una coppa nuova
- del passato
non c'è una sola
ragnatela –
tocchiamo
con le dita
il presente,
ne scolpiamo
il profilo,
ne guidiamo
il germe,
è vivente,
vivo,
non ha nulla
dello ieri irrimediabile,
del passato perduto,
è nostra
creatura,
sta crescendo
in questo
momento, sta trasportando
sabbia, sta mangiando
nelle nostre mani,
prendilo,
non lasciarlo scivolare,
che non sfumi in sogni
o in parole,
afferralo,
trattienilo
e dagli ordini
finché non ti obbedisca,
fanne strada,
campana,
macchina,
bacio, libro,
carezza,
taglia la sua deliziosa
fragranza di legname
e con essa
fatti una sedia,
intrecciane
lo schienale,
provala,
o anche
una scala!

Sì,
una scala,
Sali
nel presente.
gradino
dopo gradino,
fermi
i piedi sopra il legno
del presente,
verso l'alto,
verso l'alto,
non molto in alto,
soltanto
fin dove tu possa
riparare
le grondaie
del tetto,
non molto in alto,
non andartene in cielo,
raggiungi
le mele,
non le nuvole,
quelle
lasciale
andare per il cielo, andare
verso il passato.
Tu
Sei
il tuo presente,
la tua mela:
prendila
dal tuo albero,
innalzala
nella tua
mano,
brilla
come una stella,
toccala,
addentala e incamminati
fischiettando per strada.


Pablo Neruda

Rainer Maria Rilke


Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a stanze chiuse a chiave
e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta.



Rainer Maria Rilke

J.G. Krishnamurti

Fermati, amico:
del celato profumo della vita
ti voglio dire.
La vita non ha filosofie,
né sottili sistemi di pensiero.
La vita non ha religioni,
né adorazione in santuari profondi.
La vita non ha dèi
né fardello di misteri paurosi.
La vita non ha dimora,
né lo strazio del decadimento estremo.
La vita non ha piacere, né sofferenza,
né la corruzione dell’amore bramoso.
La vita non ha né bene né male.
Né la punizione oscura del peccato impudente.
La vita non dà agio,
non posa nel cerchio dell’oblio.
La vita non è spirito o materia,
non è la divisione crudele
fra azione e inazione.
La vita non ha morte,
non ha il vuoto della solitudine
nell’ombra del tempio.
Libero è l’uomo
che vive nell’eterno,
poiché la vita è.


.J.G., Krishnamurti

Qualunque movimento in qualunque direzione, vi allontana da "quello". 

**
                                                               
Potete osservare una cosa detta 'io'? Sfugge. Osservatelo ora e ditemi. Come lo guardate? E cos'è la cosa che sta guardando ciò che chiamate 'io'? Ecco il nocciolo della questione: quello che sta guardando ciò che chiamate 'io' è ...l''io'. Sta creando un'illusoria divisione di se stesso, in soggetto e oggetto, ed è grazie a questa divisione che continua. ...Ed è interessato solo a continuare così… Finché vorrete capire questo 'io' o cambiarlo in qualcosa di spirituale, o santo… continuerà. 
Se lo lasciate in pace, non c'è più, se n'è andato. 

                                                                   U.G. Krishnamurti 

Fernando Pessoa

Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale,
che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l'aria notturna,
fresca in confronto all'estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!
Non pensare a niente è avere l'anima propria e intera.
Non pensare a niente è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita...

Non sto pensando a niente.
E' come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca
della mia anima: perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente...


Fernando Pessoa

domenica 29 agosto 2010

Wu wei


« Cosa hanno fatto dunque questi individui per generare in se' il processo liberatore?
Per quanto ho potuto vedere, essi non hanno fatto nulla, ma hanno lasciato fare (geschehenlassen), poiche', come il Maestro Lù Tzu insegna, la luce ruota per legge propria, se non s'interrompe il suo stato consueto.
Il lasciar fare, l'azione nell'inazione, l'abbandonarsi del Maestro Eckart e' stata per me la chiave con cui son riuscito ad aprir la porta di quella via in cui: 'bisogna esser capaci di lasciar fare all'anima'.



C. G. Jung, « Commentery on *The Secret of the Golden Flower* »
coll. Works vol. 13. § 20-23
trad.it. in R. Wilhelm e C.G.Jung, Il mistero del fiore d'oro. Bari, Laterza,

lunedì 26 aprile 2010

la verità

La ricerca affannosa
trova pace
quando, infine, comprende
La verità è tutta
qui, ora
- e non potrebbe essere diversamente-
Puoi cogliere solo
tutta la verità
che puoi sopportare
- e non potrebbe essere diversamente.

domenica 10 gennaio 2010

Non puoi impedire ai pensieri..

Non puoi impedire ai pensieri di tornare continuamente a ridisegnare il tuo piccolo mondo.
Puoi , però, osservare sempre di nuovo e stupirti della potenza di questa grande magia.