venerdì 16 novembre 2007

Senso

"Quello che fa comparire
una volta l'oscuro
e una volta il chiaro,
è il Senso."
Wang Ch'ung, 80 d.C
Senso vuol dire sensazione
Senso vuol dire direzione
Senso vuol dire significato
Una risonanza accomuna diversi sensi
Le sensazioni
sono i dettagli
che compongono la storia
della nostra vita.
Oscar Wilde

giovedì 15 novembre 2007

I am a strange loop

I am a strange loop
"...The self, in short, is a lifelong construction. Up to a point, it's amenable to deliberate (reflexive) self-molding. It's a unifying pattern that enables its subpatterns—our desires, beliefs, plans and actions—to cohere and to advance toward freely (that is, personally) chosen ends. Hofstadter stresses the reality, and even the necessity, of the self. Far from being an arbitrary pattern, it emerges naturally from our neural activity, much as the video image on the screen emerges from the physics of the self-looping video camera. And it's a pattern without which the person concerned simply couldn't exist, because for that self to exist at all just is for that pattern to be instantiated—a point to which I'll return.
The first half of the book adds little to what Hofstadter wrote 30 years ago, apart from some interesting personal memories about the writing and reception of Gödel, Escher, Bach. So, for instance, there are several chapters on Gödel's proof. Hofstadter argues that this proof shows how meaningful self-reference ("strange loops") can emerge out of so apparently unpromising a base as the dry—and semantically empty—logic of Bertrand Russell and Alfred North Whitehead. Why should we care about that? Because, he says, the particular way in which Gödel's proof went beyond Russellian logic is essentially the same as the way in which psychology goes beyond neuroscience, or mind beyond brain.
These "logical" chapters do, as Hofstadter hoped, clarify the central argument of Gödel, Escher, Bach. They provide some new explanatory metaphors, while avoiding the potentially distracting references to other areas that made the first book so richly exciting. But readers who are logic-phobic, or already persuaded (perhaps by Gödel, Escher, Bach itself) of this metamathematical point, may not be interested. They may decide to skip, or anyway to skim, them. What they shouldn't do, however, is to skip the rest of the book.
The second half of I Am a Strange Loop starts with an intensely personal account of the author's savage grief following the sudden death of his wife, the mother of their two infant children, in December 1993. To supplement his memories of that wretched time, and of the years of mourning—and the permanent sense of loss—that followed, Hofstadter includes lengthy extracts from an extended e-mail correspondence that he had in 1994 with his friend and colleague the philosopher Daniel Dennett.
Why is this account, emotionally gripping though it is, relevant here? What can a description of such suffering add to a volume inspired by Gödel's proof? Well, remember the antireductionist claim cited above: that the self is—repeat, is—an abstract pattern, which emerges from a feedback system of sufficient complexity—namely, the adult human brain. If the self, the mind or the soul—Hofstadter uses these three terms more or less interchangeably—is not the brain, it's not obvious that it must cease to exist when the (dead) person's brain-stuff is dispersed by flames or by decay. Certainly the self can no longer be instantiated by that very brain-stuff, because the relevant complexity, or organization, has disappeared. But perhaps it can be instantiated elsewhere—in the minds or selves of the survivors?
Hofstadter argues that it can. This is not merely a question of the survivors still having memories of the dead person, although that is indeed essential. Rather, it's a question of that person's self, her idiosyncratic "point of view," having entered into the selves of the survivors over past years. And this, in turn, is not a question of mere psychological influence, as when one spouse "catches" a love of opera from the other. Rather, each spouse interpenetrates the other's mental life and personal ideals over the years. In short, each spouse lives in the other, albeit at a much less fine-grained level (the same overall pattern, but represented by fewer personal pixels). And a spouse who dies continues to live after death in the bereaved partner and, to a lesser extent, children and close friends.
That phrase lives in is to be interpreted literally here. The self, even the consciousness, of the dead person still survives within the mind-patterns of the survivors. I spoke, above, of Hofstadter's "permanent loss." What's lost is not the whole person, however, but the rich details (the missing pixels, which had existed within that person's own self-pattern during her bodily life)—plus, of course, the instantiation in her body/brain of what would have been her future story. But that future story (again, in a less detailed way) can still be told, even experienced, thanks to the survivors. In a real sense, according to Hofstadter, his wife did live to see her children grow up
...."
di Margaret A. Boden

Il momento presente

Eternity
Ho who bends to himself a Joy

Doth the winged life destroy;
But he who kisses the Joy as it flies
Lives in Eternity’s sunrise

William Blake



“Sono il presente e la coscienza i centri di gravità, non il passato e l’inconscio (…) ritengo che questa nuova prospettiva, legata la momento presente, modificherà sotto molti aspetti le nostre concezioni di fare terapia".

Daniel Stern : "Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana", R. Cortina, 2005

"Non bisogna perdersi nel passato nè nel futuro.

Il solo momento in cui si è vivi

o in cui si può toccare la vita,

è il momento presente, qui e ora"

Thich Nhat Hanh

"Il momento presente è come è. Sempre. Potete lasciarlo essere? [...]Quando la vostra attenzione si muove verso l'Adesso, vi è uno stato di vigilanza. È come se vi foste risvegliati da un sogno, il sogno del pensiero, il sogno del passato e del futuro. Così chiaro, così semplice. Non vi è spazio per creare problemi. Solamente questo momento. Così come è.Nel momento in cui entrate nell'Adesso con la vostra attenzione, vi rendete conto che la vita è sacra. Quando siete presenti vi è una sacralità in ogni cosa che percepite. Più vivete nell'Adesso, più sentite la semplice eppure profonda gioia dell'Essere e la sacralità di tutta la vita. [...]Quando fate un passo nell'Adesso, fate un passo fuori dal contenuto della vostra mente e l'incessante flusso del pensiero rallenta. I pensieri non assorbono più tutta la vostra attenzione, non vi assorbono totalmente. Fra i pensieri si intervallano la spaziosità e la quiete. Cominciate a rendervi conto di quanto più vasti e più profondi dei vostri pensieri voi siete. [...]Io non sono i miei pensieri, le mie emozioni, le percezioni dei miei sensi e le mie esperienze. Io non sono il contenuto della mia vita. Io sono la Vita. Io sono lo spazio nel quale tutte le cose avvengono. Io sono la consapevolezza. Io sono l'Adesso. Io Sono. [...]I ricercatori spirituali cercano l'auto-realizzazione o l'illuminazione nel futuro. Essere un ricercatore implica che avete bisogno del futuro. Se questo è quello che credete, diventa vero per voi: avrete bisogno di tempo fino a che comprenderete che non avete bisogno di tempo per essere chi siete. [...]Nel corso della vostra vita, potete essere consapevoli di voi stessi come consapevolezza nella quale si svolge l'intero contenuto della vostra vita?Dite: «Io voglio conoscere me stesso». Voi siete quell'«Io». Voi siete la Conoscenza. Siete la coscienza attraverso la quale ogni cosa è conosciuta. E quella non può conoscere se stessa: è se stessa. [...]Quindi non potete diventare un oggetto per voi stessi. Quella è la vera ragione da cui sorge l'illusione dell'identità egoica - perché mentalmente fate di voi stessi un oggetto. «Questo sono io», dite. E quindi cominciate ad avere una relazione con voi stessi, e a raccontare agli altri ed a voi stessi la vostra storia.Quando percepite senza interpretazioni, allora potete sentire che cosa è chi sta percependo. Quello che al massimo possiamo dire in parole, è che vi è un campo di vigile quiete in cui avviene la percezione"

Eckhart Tolle:"Parole dalla quiete", Armenia, 2005

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Quando Tolle dice: "Nel momento in cui entrate nell'Adesso con la vostra attenzione, vi rendete conto che la vita è sacra";
"Quando fate un passo nell'Adesso, fate un passo fuori dal contenuto della vostra mente e l'incessante flusso del pensiero rallenta"
descrive, in un certo senso, l'esperienza fenomenologica ma, al tempo stesso, inevitabilmente, con le parole "entrare", "fare un passo" porta l'attenzione verso il futuro:
da qui il circolo vizioso della concettualizzazione del "momento presente".
Ecco, allora, l'evidenza dell'enfasi posta tutta sulla pratica (esperienziale ) delle varie discipline meditative, yoga, taj chi, mindfulness, etc.; ovvero del linguaggio metaforico, allusivo, contradditorio; ovvero del silenzio...

"Io non vi sto insegnando nulla. Non ho alcun messaggio. Non vi sto convertendo… Va benissimo che la gente mi trovi pieno di contraddizioni, perché solo un banalissimo erudito si preoccupa di dire cose sensate. Al contrario c'è un uomo che parla non per trasmettere conoscenze, bensì poesia, non conoscenze ma significato, non conoscenze bensì un profumo, una presenza… Io non ho nulla da dirvi, ma molto da condividere con voi."
Osho

Nascita, vecchiaia,
Malattia e morte:
Fin dall'inizio
È questo il modo in cui
Le cose sono sempre andate.
Qualsiasi idea
Di liberarti da questa vita
Non farà che avvincerti più stretto
Nelle sue spire.
Chi dorme
Cerca un buddha,
Chi è turbato
Si volge alla meditazione.
Ma colui che sa
Che non c'è niente da cercare
Sa anche che non c'è niente da dire.
E tiene chiusa la bocca.
Ly Ngoc Kieu su La metazione come via















Identità e racconto

"La questione dell'identità prende una forma problematica perché disponiamo di due modelli di identità. Ho tentato, nel mio lavoro, di fissare questi due sensi di identità, parlando da una parte di identità idem - per usare un termine latino - e dall'altra di identità ipse.Che cosa intendo con identità "idem"? E' l'identità di qualcosa che resta mentre le apparenze o, come si dice, gli "accidenti", cambiano. Il suo modello filosofico è stato, fin dall'antichità, la sostanza. La sostanza è il substrato, il suppositum, il supporto, identico nel senso che è immutabile, che non cambia, che è sottratto al tempo. Questa identità sostanziale può essere anche realizzata sotto forma di un'identità strutturale. Per esempio il nostro codice genetico resta lo stesso, dalla nascita alla morte, come una specie di firma biologica. Abbiamo qui un esempio di "identità idem": identità di struttura, di funzione, di risultato.
L'identità "ipse" invece non implica l'immutabilità e anzi, al contrario, si pone nonostante il cambiamento, nonostante la variabilità dei sentimenti, delle inclinazioni, dei desideri, ecc. Faccio subito l'esempio più notevole dell'identità "ipse"; l'identità di me stesso quando mantengo una promessa. La promessa è sotto questo riguardo l'esempio più notevole, perché non abbiamo a che fare, nel caso del soggetto che promette, con una identità sostanziale; al contrario, mantengo la mia promessa nonostante i miei cambiamenti di umore. Questa è un'identità che potremmo chiamare di mantenimento, più che di sussistenza. Io sono e mi conservo lo stesso, nonostante non sia più identico, nonostante sia cambiato nel tempo.
Ho dunque due rapporti con il tempo: l'uno è un rapporto in qualche modo di immutabilità. L'altro di che natura è? Io lo definisco "identità narrativa", volendo dire con ciò che l'identità di un soggetto, capace di mantenere una promessa, è strutturata come l'identità del personaggio di una storia.La lezione più importante su cui voglio insistere è la dialettica delle due identità: l'identità "idem" e l'identità "ipse". Si potrebbe infatti dire che l'identità narrativa - presente nei grandi racconti o interpretata da noi, decifrata nella vita - oscilla tra i due poli dell'identità sostanziale, immutabile e dell'identità che esiste solo grazie alla volontà di mantenerla, come quando si mantiene una promessa."

Tratto dall'intervista "Descrivere, raccontare, prescrivere" - Parigi, abitazione Ricoeur, venerdì 20 dicembre 1991

lunedì 12 novembre 2007

Blaise Pascal

« Conosciamo la verità non solo con la ragione, ma anche col cuore; ed è in questo secondo modo che conosciamo i principi primi, e inutilmente il ragionamento, che non vi ha parte, s'industria di combatterli. »

"Il y a beaucoup de différence entre l'esprit de Géométrie et l'esprit de finesse. En l'un les principes sont palpables, mais éloignez de l'usage commun, de sorte qu'on a peine à tourner la teste de ce côté là manque d'habitude ; mais pour peu qu'on s'y tourne on voit les principes à plein ; et il faudrait avoir tout à fait l'esprit faux pour mal raisonner sur des principes si gros qu'il est presque impossible qu'ils échappent.
Mais dans l'esprit de finesse les principes sont dans l'usage commun, et devant les yeux de tout le monde. On n'a que faire de tourner la teste ni de se faire violence. Il n'est question que d'avoir bonne vue : mais il faut l'avoir bonne ; car les principes [306] en sont si déliés eten si grand nombre, qu'il est presque impossible qu'il n'en échappe. Or l'omission d'un principe mène à l'erreur : ainsi il faut avoir la vue bien nette, pour voir tous les principes ; et ensuite l'esprit juste, pour ne pas raisonner faussement sur des principes connus.
Tous les géomètres seraient donc fins, s'ils avaient la vue bonne ; car ils ne raisonnent pas faux sur les principes qu'ils connaissent : et les esprits fins seraient géomètres, s'ils pouvaient plier leur vue vers les principes inaccoutumés de Géométrie.
Ce qui fait donc que certains esprits fins ne sont pas géomètres, c'est qu'ils ne peuvent du tout se tourner vers les principes de Géométrie : mais ce qui fait que des géomètres ne sont pas fins, c'est qu'ils ne voient pas ce qui est devant eux, et qu'étant accoutumés aux principes nets et grossiers de Géométrie, et à ne raisonner qu'après avoir bien vu et manié leurs principes, ils se perdent dans les choses de finesse, où les principes ne se laissent pas ainsi manier. On les voit à peine : on les sent plutôt qu'on ne les voit : on a des peines infinies à les faire sentir à ceux qui ne les sentent pas d'eux-mêmes : ce sont choses tellement délicates et si nombreuses, qu'il faut un sens bien délicat et bien net pour les sentir, et sans pouvoir le plus souvent les démontrer par ordre comme en Géométrie, parce qu'on n'en possède pas ainsi les principes, et que ce serait une chose infinie de l'entreprendre. Il faut tout d'un coup voir la chose d'un seul regard, et non par progrès de raisonnement, au moins jusqu'à un certain degré. et ainsi il est rare que les géomètres soient fins, et que les fins soient géomètres ; à cause que les géomètres veulent traiter géométriquement les choses fines, et se rendent ridicules, voulant commencer par les définitions, et ensuite par les principes, ce qui n'est pas la manière d'agir en cette sorte de raisonnement. Ce n'est pas que l'esprit ne le fasse ; mais il le fait tacitement, naturellement, et sans art ; car l'expression en passe tous les hommes, et le sentiment n'en appartient qu'à peu.
Et les esprits fins au contraire ayant ainsi accoutumé de juger d'une seule vue, sont si étonnez quand on leur présente des propositions où ils ne comprennent rien, et où pour entrer il faut passer par des définitions et des principes stériles et qu'ils n'ont point accoutumé de voir ainsi en détail, qu'ils s'en rebutent et s'en dégoûtent. Mais les esprit faux ne sont jamais ni fins ni géomètres.
Les géomètres qui ne sont que géomètres ont donc l'esprit droit, mais pourvu qu'on leur explique bien toutes choses par définitions et par principes ; autrement ils sont faux et insupportables ; car ils ne sont droits que sur les principes bien éclaircis. Et les fins qui ne sont que fins ne peuvent avoir la patience de descendre jusqu'aux premiers principes des choses spéculatives et d'imagination qu'ils n'ont jamais vues dans le monde et dans l'usage.
La mort est plus aisée à supporter sans y penser, que la pensée de la mort sans péril. "

domenica 11 novembre 2007

La rivoluzione pigra di Jacopo Fo

"..renderti conto delle reali capacità della tua mente creativa di elaborare ipotesi sullo sviluppo delle situazioni è un'esperienza che fa aumentare molto la stima per la tua mente non razionale. Essa coglie il linguaggio corporeo, i toni della voce, la scelta dei vocaboli, i contesti, archivia migliaia di informazioni impercettibili razionalmente, valuta assonanze, estrapola dall'esperienza ipotesi e linee evolutive. E a volte ci azzecca in modo impressionante. Queste esperienze ci aiutano a percepire un diverso livello di appartenenza, di corrispondenza al mondo. E questa sensazione di non estraneità è ulteriormente incrementata dalle sensazioni che l'atto artistico ci regala.Quando creiamo ci sentiamo dentro alla vita, completamente, riconquistiamo quello stato di estasi che abbiamo sperimentato da bambini quando ci perdevamo nella totale spontaneità del gioco.Per questo credo che ogni essere umano debba sperimentare lo stato artistico della mente.Si tratta di un nutrimento essenziale. Irrinunciabile. Un essere umano che non crea arte è emotivamente e mentalmente menomato.L'arte è l'unico medicamento che resta se incontri il nero del mondo e tutto il resto è perduto.
…..
ma il ladro che è testimone di questo divino prodigio non ne viene toccato perché l'unica cosa che gli importa è rubare la borsa dei soldi a chi è restato sbalordito di fronte al manifestarsi di Dio. Chi ha perso di più: il ladro o il derubato? Testa di cazzo! Dio ti sta mostrando una resurrezione e tu ti perdi la scena per rubare un portafoglio? E che cosa ti comprerai con quei soldi che abbia più valore dell'esperienza di vedere Dio che compie un miracolo? La nostra società è filosoficamente ammalata e folle proprio perché non considera la mancanza di solidarietà una gravissima amputazione emotiva. E questo handicap primario ha un altro grave e poco conosciuto disastroso effetto collaterale. Il professor Nittamo Montecucco ha condotto numerosi esperimenti misurando con opportune attrezzature, le onde cerebrali di persone impegnate nelle stesse azioni ed ha dimostrato l'esattezza di un'idea conosciuta da millenni presso molte culture. Un gruppo di persone che cantano insieme o giocano, fanno sport o pregano, sintonizzano inconsapevolmente le loro onde cerebrali in modo talmente forte che i grafici che le rappresentano assumono forme uguali. Questo fenomeno impiega esattamente 31 minuti a verificarsi. Questa sintonizzazione provoca una serie di reazioni fisiologiche che ci danno una sensazione di grande benessere. Questo spiega perché milioni di persone si dedichino agli sport di squadra, amino ballare, cantare, marciare o pregare tutti insieme. E spiega anche perché, come ha mostrato una statistica realizzata dal Corriere dello Sport, il maggior numero di gol vengano realizzati intorno al trentatreesimo minuto: 31 minuti per sintonizzare mentalmente la squadra e poi due minuti per andare a rete. E spiega perché per sperimentare le delizie estatiche del sesso tantrico sia necessario restare sessualmente uniti per più di mezz'ora (per approfondire vedi "Il sesso tantrico" su
www.sessosublime.it). Questa sintonizzazione delle onde cerebrali non è solo un evento gradevole. Sperimentare il piacere della socializzazione è un bisogno naturale primario, non a caso siamo animali da branco. Non è un'opportunità, è un bisogno basilare. Se non soddisfiamo questo istinto otteniamo effetti pessimi su salute e stato d'animo. Effetti altrettanto gravi di quelli che sperimentiamo se rinunciamo al piacere del sesso o a quello di muovere vigorosamente il nostro corpo sudando e ansimando. Chi vive solo, senza mai mischiarsi con molti altri suoi simili per dedicarsi alle stesse attività è un povero desocializzato. E' una malattia ed è grave: corrode il gusto della vita. "

sabato 10 novembre 2007

Meditazione non è concentrazione

"Meditare significa espandere, ed è l'esatto contrario di concentrazione. Questa confusione genera un grande fraintendimento e per l'uomo comune meditazione e concentrazione sono quasi sinonimi. Tutte le tecniche che portano ad una concentrazione più profonda contribuiscono a renderci sempre più chiusi.
Concentrandoci su qualcosa escludiamo l'interezza dell'esistenza, creando sempre più divisione e, restringendo sempre più la nostra consapevolezza il risultato sarà provocare forti tensioni dentro di noi. L'utilità della concentrazione è limitata al lavoro scientifico dove incanalare tutta la nostra attenzione verso un problema può escludere tutto il resto e quindi rendere più veloce i tempi della soluzione. Il meditatore non è un uomo di concentrazione, è un uomo di consapevolezza che mira ad espandere la propria coscienza, non a restringerla.
L'espansione della coscienza ci permette di essere consapevoli contemporaneamente a più livelli, ma questo non esclude la capacità di concentrarsi quando questo è necessario per risolvere un problema. Il Ricercatore che sperimenta la meditazione si disidentifica dalla mente e dal corpo imparando ad osservarli. Questo distacco permette un utilizzo migliore delle nostre potenzialità e soprattutto un immediato allentarsi di quelle tensioni che la mente, immersa e identificata con se stessa, attraverso il continuo sommarsi di pensieri, emozioni e desideri, produce. ….
Per iniziare ad entrare nella meditazione si può utilizzare questa semplice tecnica preparata per adattarsi perfettamente a noi occidentali; è molto semplice ed agisce contemporaneamente a più livelli di consapevolezza, portando lo sperimentatore ad uscire senza sforzo dall'automatismo quotidiano. E' opportuno perseverare, in maniera rilassata, nell'applicazione di questa tecnica che deve essere praticata durante le attività quotidiane per 5 minuti al giorno. La consapevolezza si accumula, così anche un tempo limitato è sufficiente ad ottenere risultati apprezzabili. All'inizio l'applicazione della tecnica potrà sembrare complicata, ma in seguito si rivelerà assolutamente naturale. L'importante è non scoraggiarsi, la costanza nell'applicazione è fondamentale. Ho chiamato questa tecnica "I quattro livelli di consapevolezza" poiché procede, appunto, con quattro livelli contemporanei di attenzione. Inizialmente il ricercatore cadrà automaticamente nella inveterata abitudine mentale alla concentrazione: non c'è da preoccuparsene, è sufficiente non dare energia ad un conflitto con la mente ma procedere con la tecnica: questa porterà gradualmente in uno spazio di attenzione consapevole.
Per avere un effetto rapido e incisivo questo metodo va inserito nella vita di tutti i giorni, non occorre cambiare ciò che si fa abitualmente. Non è importante la cosa in sé, ma la qualità con cui questa cosa viene fatta.

1° livello ATTENZIONE ALLA MACCHINA CORPO
Iniziate, quando siete soli, a rallentare per pochi minuti tutti i vostri movimenti automatici, dando un'attenzione totale al corpo, ad ogni suo più piccolo movimento. Osservate la vostra mano che si muove, le articolazioni delle dita: anche un fatto automatico come il camminare acquista una dimensione diversa. Fate quindi i vostri movimenti abituali al rallentatore, cambiate il tempo. Osserverete che cambiando il tempo del vostro corpo cambia anche quello della mente e delle emozioni. Il tempo è una chiave molto importante per uscire dall'automatismo. Quando iniziate a sperimentare fatelo mentre siete soli; dopo pochi giorni vi consiglio di provare in mezzo agli altri, senza rallentare i movimenti, ma cercando di mantenere l'attenzione sulla "macchina corpo" nelle attività normali.
2° livello ATTENZIONE ALLE PRINCIPALI TENSIONI
Sprechiamo tantissime energie lasciando che il corpo mantenga automaticamente delle tensioni nel nostro fisico. Il nostro inconscio è come una spugna che assorbe tutto e ciò che assorbiamo spesso si accumula e trasforma, anche fisicamente, il nostro corpo. Dando attenzione, e quindi avendo coscienza di questi blocchi ne alteriamo l'automatismo. Iniziate anche qui in solitudine. Stendetevi e portate l'attenzione alla bocca, lasciate che si socchiuda ed osservate il vostro respiro senza alterarlo immaginando che scenda nella pancia. Rilassate la pancia. Scendete con l'attenzione alla zona pelvica e lasciate che il pavimento pelvico si abbassi, rilassate il sedere. Risalite con l'attenzione lungo la schiena soffermandovi sulla zona lombo-sacrale sino ad arrivare alle spalle ed all'attaccatura con il collo, date a questi punti il permesso di rilassarsi. Dovete comprendere che la cosa importante non è il rilassamento ma l'attenzione a questi punti. Quando vi sentite pronti iniziate a sperimentare questo livello di attenzione mentre svolgete le vostre attività quotidiane.
3° livello ATTENZIONE SENSORIALE A 360°
Questo è il livello che dà più risultati in breve tempo e che ci fa comprendere quanto sia limitata la nostra attenzione, e come siamo automatici nel meccanismo mentale della concentrazione (concentrazione oltretutto improduttiva). Si può applicare a tutti e cinque i sensi, vi consiglio all'inizio di usare quello della vista. Anche per questa tecnica è meglio iniziare a sperimentare da soli, si può fare nel proprio spazio privato, ma se siete all'aperto i risultati sono migliori. Tenete gli occhi aperti, in continuo movimento, impedendo così alla mente di soffermarsi sui particolari, cercate di mantenere una visione di insieme in trasformazione continua. Potete muovere anche la testa per ampliare il campo visivo, lasciate che le cose entrino dentro di voi, espandetevi . Inizialmente questo cambio veloce vi darà l'impressione di non mettere a fuoco ciò che vedete, di aumentare la confusione, ma poi sperimenterete un aumento percettivo notevole. Inizierete ad osservare il meccanismo dello stato di trance, gli occhi si fissano su un oggetto e voi perdete tutto il resto, nell'osservazione a 360° dovete coscientemente osservare ed impedire questo meccanismo. Appena vi sentite pronti iniziate a sperimentare l'attenzione visiva in mezzo agli altri, nelle attività quotidiane, in breve comincerete a fare piccole ma interessanti scoperte.
4° livello IL TESTIMONE
Siedi e osserva. L'osservazione è la base di moltissimi metodi orientali ad esempio nel Taoismo il tempio viene chiamato "Kuan" (luogo di osservazione) e l'essere umano è considerato un tempio. Un pensiero Zen dice: "Nell'istante in cui parli di una cosa essa ti sfugge". Questa parte della tecnica è, per noi occidentali totalmente immersi e identificati nel processo mentale, decisamente la più difficile da applicare. Diviene estremamente semplice se usiamo quello che abbiamo a disposizione: il nostro immaginario. Sedetevi, chiudete gli occhi ed iniziate a giocare con il vostro fantastico. Inizialmente vi servirete della mente come trampolino, per creare un punto di osservazione diverso ed iniziare ad essere Testimone. Immaginate di stare a sedere su una montagna o una scogliera a guardare lo spazio dinanzi a voi e visualizzate i pensieri, tutto quello che si forma nella mente, come nuvole o gabbiani che ci scorrono davanti. Tutto può passare in questo cielo interiore: i rumori esterni, il corpo che si muove, la respirazione, le emozioni, il piacere, il dolore. Non desistete se vi sembrerà di non riuscire, i risultati non tarderanno. Anche per questo livello quando vi sentite pronti uscite fuori cercando di mantenere l'attenzione sull'osservazione di quello che accade. Se avrete applicato costantemente i primi tre livelli in precedenza, vi accorgerete che il quarto accadrà quasi spontaneamente.
Quando avrete sperimentato singolarmente tutti e quattro i livelli, cercate di applicarli in contemporanea; inizialmente non sarà immediato, accadrà a sprazzi o alternandosi, ma se vi rilassate diverrà in breve tempo naturale ed i risultati vi stupiranno. Cambierà la qualità della consapevolezza nella vostra vita. Il cambiamento vi stupirà. …
...vivere con consapevolezza porta ad approfondire lo stato di percezione in maniera costante e continua, e soprattutto di esserci quando accadono le situazioni della nostra esistenza. Siamo qui, non da un'altra parte, siamo tutti qui e ora. Questo tempo, questo presente sta vivendo, in questo presente sta accadendo la vita. Questo presente è l'immortalità"...


giovedì 8 novembre 2007

La 'meditazione' spiegata ai bambini

"Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza o distrattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Il mandarino che Nandabala mi ha offerto aveva nove spicchi. Li ho messi in bocca uno per uno in consapevolezza e ho sentito quanto sono splendidi e preziosi. Non ho dimenticato il mandarino, e così il mandarino è diventato qualcosa di molto reale. Se il mandarino è reale, anche chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza.
Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzarne la natura splendida e preziosa. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.
Bambini, mangiare il mandarino con presenza mentale significa essere davvero in contatto con ciò che mangiate. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardo allo ieri o al domani, ma dimora totalmente nel momento presente. Il mandarino è totalmente presente. Vivere con presenza mentale e consapevolezza vuol dire vivere nel momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora".

giovedì 1 novembre 2007

Sulle due frecce e sulla freccia a due punte

Ecco qui il discorso del Buddha sulle due frecce (Sallena Sutta).
"Meditatori, sia l'uomo ignorante che l'uomo saggio che percorre il sentiero percepiscono sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Ma qual'è la differenza tra i due, ciò che li caratterizza?Facciamo l'esempio di una persona che, trafitta da una freccia, ne riceva una seconda, sentendo quindi il dolore di entrambe le ferite. Ecco, la stessa cosa accade quando un ignorante, che non conosce l'insegnamento, viene a contatto con una sensazione spiacevole e - come reazione - si preoccupa, si agita, piange, grida, si batte sul petto, perde il senso della realtà. Quindi egli fa esperienza di due dolori: quello fisico e quello mentale. Gravato dalla sensazione spiacevole, reagisce con avversione e, con questo atteggiamento, inizia a creare in sè un condizionamento di avversione.Infatti, quando prova queste sensazioni negative, egli cerca il diletto in qualche sensazione piacevole, perchè - da persona ignorante quale è - non sa rispondere correttamente ad una sensazione spiacevole se non cercando riparo nel piacere dei sensi. E quando comincia a godere di un piacere, allora comincia ad instaurarsi in lui un condizionamento al desiderio, alla bramosia.Egli è completamente inconsapevole di come vadano le cose, non sa cioè che le sensazioni sono impermanenti, non sa quale sia l'origine della bramosia verso di esse, non conosce il pericolo che rappresentano, e non sa quale sia la via per non esserne schiavi.Questa sua incapacità crea dentro questo tipo di uomo un condizionamento di ignoranza. Provando sensazioni piacevoli, spiacevoli o neutre, l'ignorante, rimanendone condizionato, lontano dalla verità, è soggetto alla nascita, alla morte, alla vecchiaia, ai turbamenti, alle sofferenze, alle negatività. L'ignorante è così destinato all'infelicità.Invece l'uomo saggio, che percorre la via della verità, quando prova una sensazione spiacevole, non si preoccupa, non si agita, non piange, non urla, non si batte il petto, non perde il senso della realtà.È come chi venga trafitto da una sola freccia e non da due, percependo solo un tipo di sensazione spiacevole, quella fisica e non quella mentale. Colpito così da questa sensazione, non reagisce con avversione, e così non si forma in lui un condizionamento all'avversione. Inoltre non cerca rifugio in una sensazione piacevole per sfuggire quella spiacevole che sta vivendo. Egli sa, da persona saggia che è sulla via della verità, come ripararsi dalla sensazione sgradevole senza cadere nel piacere dei sensi. Così evita di creare un condizionamento di bramosia e desiderio. Egli comprende la realtà così come essa è effettivamente, del perenne sorgere e passare delle sensazioni, di quale sia l'origine della bramosia verso esse, del pericolo che essa costituisce e del modo di uscirne. Avendo dunque la perfetta e completa comprensione della realtà, egli non permette che si formino in lui questi condizionamenti di ignoranza.Quindi il meditante impara a rimanere equanime e distaccato qualora si manifestino sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Così facendo, chi cammina sulla via del retto insegnamento, rimane distaccato anche dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla morte, dai turbamenti, dalle sofferenze e dalle negatività. Egli è equanime davanti a tutte le sofferenze. Questa è la differenza tra il saggio e l'ignorante.L'uomo saggio, concretamente addestrato nella pratica del retto insegnamento, rimane equanime di fronte alle sensazioni gradevoli e sgradevoli che sorgono nella sua persona".
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"La freccia a doppia punta
Non dovrete fare altro che esserci, guardare con gli occhi non offuscati, non confusi, non persi nel sonno dell'ignoranza.Occhi chiari, limpidi, occhi che guardano e che vedono, che si prendono la responsabilità di vedere.Occhi che trasmettono consapevolezza, coscienza, cuore.Occhi di persone che non trattengono, che non hanno paura a lasciarsi andare, occhi di persone che hanno finalmente cominciato a sentire la vita.
Mantenete l'attenzione.Si tratta semplicemente di mantenere l'attenzione quanto basta per spezzare lo stato ipnotico, che vi tiene nella meccanicità. Provate a mantenere l'attenzione nei momenti più critici della vostra vita, nei momenti in cui l'attenzione viene portata via, nei momenti di attrito più forti, nel dolore, nella sofferenza, nell'angoscia, in mezzo alle persone che dormono. Più forte è l'attrito più forte deve essere il vostro ricordo, la vostra presenza. Da questi attriti forti voi dovete estrarre, prendere energia, accumularla, non farvene togliere, non farvi addormentare: invertite la tendenza, usate la freccia a due punte. Questo simbolo significa che state guardando ed allo stesso tempo siete coscienti di guardare."


"La consapevolezza è come una freccia a due punte. Nel momento stesso in cui ci rivolgiamo diligentemente all'esterno, diveniamo coscienti di noi stessi. Viceversa, se osserviamo noi stessi, i nostri pensieri più intimi - secondo un processo di autoconoscenza che indaga le cause e ne rileva, senza congetturare alcunché, gli effetti - diverremo capaci di comprendere meglio il mondo estrinseco, tutto ciò che sembra presumibilmente o apparentemente altro da noi, esterno"

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cfr. anche Corrado Pensa : Il Buddha e la seconda freccia
...............................Consapevolezza paziente