sabato 2 ottobre 2010

"L'accettazione, la via rasserenante del sì" (C. Pensa)

"L'abbandono-accettazione non è un aspetto tra gli altri del cammino spirituale, [...] ma ne è, piuttosto, il cuore. Nelle parole di san Francesco di Sales: l'abbandono è la virtù delle virtù.
[...] Alla non accettazione di sé si accompagna inesorabilmente la non accettazione degli altri.
[...] L'accettazione, la via rasserenante del sì [...] deve estendersi capillarmente a tutta la nostra vita. Ma questo processo rigenerativo [...] non può aver luogo senza che, anzitutto, si instauri una seria amicizia per noi stessi [...], in luogo dell'inimicizia e della distruttività. Inimicizia e distruttività che, si badi bene, sono anche il nucleo di atteggiamenti apparentemente volti alla cura di sé, quali l'orgoglio o il narcisismo.
[...] La natura profonda, intrinsecamente luminosa, della mente-cuore è offuscata dalle afflizioni dell'attaccamento-avversione-ignoranza. [...]
La chiusura o la contrazione del cuore [...] è la contrazione contro ciò che è spiacevole ed è la contrazione intorno a ciò che è piacevole. [...] Se vogliamo, poi, il comune denominatore di avversione e di attaccamento è la paura, paura di incontrare lo spiacevole (avversione) e paura di perdere il piacevole (attaccamento). Ora l'opera della meditazione di consapevolezza [...] è, né più né meno, l'apertura del cuore, [...] allevare un'attenzione non giudicante [...].
Quanto più entriamo in contatto - mercé la consapevolezza - con la contrazione, tanto più cominciamo ad aprirci. Dunque: più entriamo in contatto con la non-accettazione o paura e sentiamo il suo effetto tagliente e divisivo, più ci rivolgiamo fiduciosi verso l'accettazione e verso il suo spirito unitivo. [...]
Dice un [...] grande maestro cristiano dell'abbandono, il Padre Jean Pierre de Caussade: «La pratica di accettare a ogni istante lo stato presente [...] può, da sola, mantenerci sempre nella pace del cuore e farci progredire molto senza ansietà, turbamento e inquietudine». [...]
Nel buddhismo un'accettazione matura si chiama equanimità [...].
Quanto più apprendiamo l'arte dell'accettazione, tanto più qualcosa cresce in noi: ci rendiamo conto che l'accettazione [...] ci dona [...] la ricchezza di una pace più salda di quella finora conosciuta. Una pace che porta con sé apprezzamento (invece di attaccamento) per ciò che è piacevole e rispetto per ciò che è spiacevole invece che avversione e paura.
[...] Oltre il vasto mare della sofferenza e dell'ignoranza, c'è altro e [...] questo 'altro' è già qui, in noi, nel mondo [...]. L''altro' impaziente [...] che [...] si possa giungere a una «Condizione di semplicità assoluta / Che costa non meno di ogni cosa. / E tutto sarà bene / E ogni sorta di cose sarà bene» (T.S. Eliot).
[...]
La facilità alla gratitudine [è il] polo opposto al dare tutto per scontato, che è una forma di indurimento, una forma di chiusura, a volte penosamente cronica. La facilità alla gratitudine è il contrario del sentirsi dolorosamente in credito, di sentire spesso - o sempre e comunque - di non essere abbastanza, di non avere abbastanza, di non ricevere abbastanza: grandi sofferenze, che la pratica ci aiuta progressivamente a comprendere e a sciogliere. [...] La consapevolezza è una grande compagna della gratitudine, la consapevolezza [...] ci fa notare con grande tranquillità tutto quello che riceviamo, [...] ce lo fa scoprire con naturalezza [...].
[...] Va crescendo la naturale prontezza alla gratitudine per piccole, piccolissime cose. Ma la gratitudine non è piccola: l'occasione è piccola per i criteri convenzionali, un saluto, una telefonata, un incontro, l'improvvisa apparizione di un bosco dopo una curva. La prontezza alla gratitudine. La capacità di meravigliarsi e dire grazie. Grazie, grazia, gratitudine" (pp. 154-164, 165-166).
Corrado Pensa, L'intelligenza spirituale su La meditazione come via

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