venerdì 1 ottobre 2010

L'Attenzione ( C. Pensa )

"L'attenzione è subordinata al compito, al lavoro, al film. L'attenzione è al servizio di quello che stiamo facendo: se ci distraiamo non portiamo a termine il lavoro, lo facciamo male; se ci distraiamo, ci perdiamo un pezzo del film. Questa attenzione serve a farci godere il film, serve a fare il lavoro che dobbiamo fare. È funzionale e subordinata. Questa attenzione si chiama, nella tradizione buddhista, manasikàra: attenzione pura e semplice.
Per vivere, per sopravvivere, abbiamo bisogno di manasikàra.
Ma ci deve essere stato un momento, a me piace immaginare così, in cui qualcuno si è chiesto che cosa sarebbe successo se avesse lasciato che l'attenzione in se stessa fosse il valore centrale, invece di metterla al servizio di un lavoro o di uno svago. Che cosa sarebbe accaduto se l'attenzione gratuita, in sé, fosse diventato il valore centrale. Se svolgendo un compito mettiamo l'attenzione al primo posto, se cioè l'attenzione è lo scopo primario e il portare a termine il lavoro nel tempo dovuto è lo scopo secondario, c'è un netto ribaltamento rispetto a come vanno abitualmente le cose. Se è l'attenzione ad avere il primo posto, il lavoro che stiamo svolgendo diventa un supporto dell'attenzione, e questo ci porta a un sentire unificato, pacificato. Quell'antico sperimentatore avrà notato che l'attenzione gratuita, l'attenzione di per sé, l'attenzione non al servizio di altro, porta unione, unità, unificazione e pacificazione. Se ascoltiamo qualcuno non perché vogliamo fargli piacere o perché vogliamo vedere dove vuole andare a parare (queste sono forme di attenzione non gratuita, sono le forme di attenzione usuali), se ascoltiamo qualcuno con attenzione non giudicante, cioè con attenzione per l'attenzione, con attenzione gratuita, avremo anche qui un effetto di unificazione e di pacificazione. Ci siamo aperti, senza riserva, a questo ascolto".

Corrado Pensa, da "Attenzione saggia, attenzione non saggia"

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