martedì 19 giugno 2007

Mindfulness















"Il pensare incessante e ripetitivo interferisce con la capacità di connetterci con il nostro mondo. Isolati dentro le nostre teste, aspiriamo acutamente a quella connessione dalla quale il nostro pensare ci tiene lontani… Può essere una scoperta non da poco quella di accorgersi che tanta parte del nostro pensare è noiosa, ripetitiva e irrilevante e che, oltre a ciò, ci isola e ci taglia fuori proprio da quel sentimento di connessione che tanto apprezziamo ...
la meditazione mette in questione ciò che nella nostra cultura si dà per scontato e cioè che la connessione può avvenire solo in virtù di un altro. Nella visione buddhista la connessione è già presente. Noi non siamo separati e distinti come pensiamo di essere. La connessione è il nostro stato naturale: dobbiamo solo imparare a permettercelo "
M. Epstein, Going to pieces without falling apart. A Buddhist perspective on wholeness, New York 1998, pp. 58-9.


Hai mai fatto l'esperienza di fermarti del tutto,
di essere così totalmente nel tuo corpo,
di essere così totalmente nella tua vita
che quel che già sapevi e quello che non sai,
e quel ch'è stato e quel che ancora dev'essere,
e le cose come stanno proprio ora
non ti danno neanche un filo d'ansia o disaccordo?
Sarebbe un momento di presenza totale,
al di là della lotta, al di là della mera accettazione,
al di là della voglia di scappare
o sistemar le cose o tuffarcisi dentro a testa bassa:
un momento di puro essere, fuori dal tempo,
un momento di pura vista, pura percezione,
un momento nel quale la vita si limita a essere,
e quell'"essere" ti prende, ti afferra con tutti i sensi,
tutti i ricordi, fin dentro i geni,
in ciò che più ami,
e ti dice: benvenuto a casa.

Jon Kabat-Zinn

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