lunedì 14 luglio 2008

Lo spazio e il dovere dello scrittore (N. Gordimer)

"Dovere, compito, significato. Per attribuirli credo che dobbiamo innanzitutto definire che cosa sia la testimonianza. Non è semplice. Ho preso il dizionario e ho visto che le definizioni riempiono più di una colonna a caratteri minuti. Testimonianza: "Attestazione di un fatto avvenimento o dichiarazione, dimostrazione, prova. Testimone: "Persona che assiste a un fatto ed è in grado di attestarlo in base alla sua personale osservazione".

Poesia e romanzi sono processi cui lo status di testimonianza è attribuito dal dizionario Oxford riferendolo alla "testimonianza interiore" , le vite di singoli uomini, donne e bambini che devono ricomporre dentro di loro le certezze frantumate, vittime anch'esse, al pari dei corpi sotto le macerie di New York e dei morti in Afghanistan. Kafka dice che lo scrittore vede tra le rovine "altre (e più )cose ... è uscire d'un balzo dalla fila degli assassini, è vedere quello che avviene veramente".

Il dualismo di interiorità e mondo esterno, è questa l'unica essenziale condizione esistenziale dello scrittore come testimone.
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Flaubert scrive a Turgenev: "Ho sempre cercato di vivere in una torre d'avorio, ma una marea di merda sta premendo alle sue mura e minaccia di distruggerne le fondamenta".
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la grandezza della testimonianza interiore di Conrad scopre che il "cuore di tenebra" non è la postazione senso, quello dell'immaginazione. Il "realizzare" ciò che sta accadendo viene da quella che sembra una negazione della realtà, il passaggio degli avvenimenti, dei motivi, delle emozioni, delle reazioni, dall'immediatezza a quel senso stabile che è il significato. Se accettiamo che la "contemporaneità" abbraccia il secolo in cui noi tutti siamo nati, al pari di quello appena iniziato in modo così crudo, arriviamo a molti esempi di questa quarta dimensione di esperienza che è lo spazio e il dovere dello scrittore .
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Non c'è torre d'avorio che possa sostenere l'assalto della realtà che preme alle mura, come notava sgomento Flaubert. Nel testimoniarla la fantasia non è irreale ma rappresenta la realtà più profonda. L'esigenza di questa realtà profonda non potrà mai consentire il compromesso con la saggezza della cultura convenzionale e ciò che Milosz chiama le bugie ufficiali. Quell'eminente intellettuale del rifiuto del compromesso, Edward Said, si chiede chi, se non lo scrittore, debba "svelare e chiarire i contesti, la sfida e la speranza di sconfiggere il silenzio imposto e la quiete normalizzata del potere". L'ultima parola sulla letteratura di testimonianza viene di sicuro da Camus: "Il momento in cui non sarò nulla più che uno scrittore, potrò smettere di essere uno scrittore".


di Nadine Gordimer


(Pubblicato su La Repubblica nel 17 agosto 2002 - Traduzione di Emilia Benghi)

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