Nella storia della filosofia occidentale non c’è bisogno di arrivare fino ad Husserl per scoprire che il soggetto è un fascio di relazioni che si protende verso il mondo.
In tutta la riflessione filosofica su questo, è possibile ritrovare la scoperta che non c’è un essere isolato autosufficiente che poi ha delle relazioni : quest’essere è le relazioni che lo costituiscono da cima a fondo; relazioni che la riflessione ( filosofica ) cerca poi, volta a volta, di interpretare.
D’altra parte, per un osservatore, è semplice: la creatura vive nell’ambiente che lo costituisce.
E’ la descrizione del soggetto che fa nascere i problemi.
Il fiume scorre verso il mare.
Nel momento in cui il fiume, naturalmente sempre proteso verso il mare, vuol “cogliere” il mare, ecco che “deve dire” :
“quello è il mare”, “io sono fiume”; “lui è salato”, “io sono dolce”..
Tutta la filosofia orientale, le tecniche di meditazione, il “vuoto”, il Tao, il “non fare”, possono essere interpretati come ‘trucchi linguistici’ per dire al fiume, mai fermo, sempre naturalmente proteso verso il mare,: “Al mare ci arrivi comunque; c’è un ciclo più ampio che naturalmente, in ogni modo, garantisce attraverso processi atmosferici interconnessi, il collegamento di tutte le particelle di acqua”
Il fascio di particelle d’acqua che si protende verso il mare è sempre lì, ma, per così dire, “non pensando il mare” , “non si pensa fiume” : ciò che si manifesta in questa “sospensione” concettuale è quel fascio relazionale mai fermo, sempre nuovo e, allo stesso tempo, stranamente, sempre se stesso.. ( ma "ipse", non "idem" )
Come lo chiamiamo ?
Lo chiamiamo “Fiume”: è un nome; una metafora, per Eraclito, per ricordare al Soggetto il suo* “πάντα ῥει”.
* suo qui è riferito ad Eraclito?, al Soggetto?,al Fiume? ..Ecco, alla Relazione
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