venerdì 7 dicembre 2007

La zattera di Bifo e solidarietà dei naufraghi

Riporto passi, da me 'liberamente ricuciti', di una lunga lettera di Bifo, apparsa sulle liste di Rekombinant con il titolo "La congiura degli estranei il naufragio e la zattera"

"E una sera, all'Hotel Bailen, che è un albergo recuperato e gestito dai suoi lavoratori, durante una conferenza di Raul Zibechi ho sentito le parole che (mi scoppiava la testa dall'emicrania, e chiudevo gli occhi respirando forte) mi hanno permesso di capire quello che non avevo capito fino a quel momento: che l'unica esperienza che può salvarci è quella del naufragio. Parlando di Buenos Aires, dell'Argentina dopo il 2001, parlando di una panetteria di quartiere autogestita dai suoi lavoratori e condivisa economicamente con il quartiere, Zibechi ha parlato di solidarietà di naufraghi, e nella mia povera testa che pulsava dolorante, questo ha messo in moto una visione nuova e una nuova attesa….

Nella città del naufragio

Credo che una prospettiva di autonomia sociale riemergerà soltanto dal naufragio.Non sto parlando di esodo. Esodo è una parola fascinosa che però non significa gran che. Dove dovremmo andare, infatti? E perché dovremmo deciderci a fare le valigie e abbandonare la cuccia nella quale viviamo, schiacciati, angosciati, terrorizzati, ma incapaci di muovere un solo passo?La metafora dell'esodo è servita per disinnescare l'aggressività dialettica che negli ultimi due decenni del ventesimo secolo si era ridotta a un dispositivo autolesionista. Ma non è riuscita a mettere in moto niente, perché chi è paralizzato non può intraprendere alcun esodo, e perché l'esodo solitario non attrae nessuno.
Il naufragio sì. Quando il mare è in tempesta la nave affonda, e quando la nave affonda allora non hai scelta. Devi gettar la zattera, devi saltarci su. E quando sei un naufrago, allora ...
…occorre imparare a godere del contatto dei corpi, occorre seguire un codice spontaneo di solidarietà di naufraghi, occorre elaborare le regole che rendono possibile l'allegria del naufragio, e queste regole sono quelle della sensibilità.

Per la prima volta dopo tanti anni ho sentito l'allegria dei naufraghi, l'allegria di persone che sanno vivere insieme, accalcarsi e toccarsi, e annusarsi e ridere e ascoltare poesia. Odio le retoriche del calore comunitario che abbondano nell'immaginario gauchista a proposito del SudAmerica, per questo ho sempre fuggito un po' il guevarismo, lo zapatismo, e tutte quelle filosofie barbute a pugno chiuso. Ma a Buenos Aires ho incontrato una situazione che non ha nulla a che fare con le retoriche sudamericane. Una realtà assolutamente metropolitana, intimamente collegata al pensiero post-moderno e alle sue nevrosi. Però al tempo stesso tranquilla, intelligente e attenta.L'attenzione alla parola, nell'Europa dei morti l'avevo dimenticata. Quello che mi ha sorpreso, negli incontri di Buenos Aires è stata l'attenzione alla parola, come se la parola fosse fatta di carne, come se dalla parola dipendesse il futuro. Tutte cose nelle quali chi vive nella città dei morti non crede più, tutte cose che la generazione connettiva non riesce neppure ad immaginare, perché avendo imparato più parole da una macchina che dalla mamma, la parola non ha più vibrazioni di affettività…

... la zattera, là impareremo di nuovo il piacere dei corpi che si toccano, là impareremo di nuovo il calore delle parole."


L'intero scritto di Bifo è presente anche sul blog Quetzalcoatl

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