
L'identità "ipse" invece non implica l'immutabilità e anzi, al contrario, si pone nonostante il cambiamento, nonostante la variabilità dei sentimenti, delle inclinazioni, dei desideri, ecc. Faccio subito l'esempio più notevole dell'identità "ipse"; l'identità di me stesso quando mantengo una promessa. La promessa è sotto questo riguardo l'esempio più notevole, perché non abbiamo a che fare, nel caso del soggetto che promette, con una identità sostanziale; al contrario, mantengo la mia promessa nonostante i miei cambiamenti di umore. Questa è un'identità che potremmo chiamare di mantenimento, più che di sussistenza. Io sono e mi conservo lo stesso, nonostante non sia più identico, nonostante sia cambiato nel tempo.
Ho dunque due rapporti con il tempo: l'uno è un rapporto in qualche modo di immutabilità. L'altro di che natura è? Io lo definisco "identità narrativa", volendo dire con ciò che l'identità di un soggetto, capace di mantenere una promessa, è strutturata come l'identità del personaggio di una storia.La lezione più importante su cui voglio insistere è la dialettica delle due identità: l'identità "idem" e l'identità "ipse". Si potrebbe infatti dire che l'identità narrativa - presente nei grandi racconti o interpretata da noi, decifrata nella vita - oscilla tra i due poli dell'identità sostanziale, immutabile e dell'identità che esiste solo grazie alla volontà di mantenerla, come quando si mantiene una promessa."
Tratto dall'intervista "Descrivere, raccontare, prescrivere" - Parigi, abitazione Ricoeur, venerdì 20 dicembre 1991
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