Questo non significa che l´azione venga inibita da, e durante, i blackout della coscienza: non quelli momentanei, come nell´esempio della frenata, ma neppure quelli permanenti, come nella patologia della visione cieca. Significa, però, che tutti noi soffriamo di una congenita «temporanea percezione cieca», che ci preclude sistematicamente la coscienza degli eventi per mezzo secondo: in termini musicali, la nostra sensorialità è come una fuga a due voci, in cui la stimolazione funge da dux, e la coscienza da comes che la insegue a un intervallo di mezzo secondo.
Tutto ciò sarebbe in fondo soltanto curioso, se Libet non avesse scoperto qualcosa di molto più inquietante: il fatto, cioè, che la stessa cosa succede non solo per la nostra percezione passiva, in cui è il mondo ad agire su di noi, ma anche per la nostra volizione attiva, in cui siamo (o dovremmo essere) noi ad agire sul mondo. Più precisamente, gli effetti cerebrali inconsci delle nostre decisioni precedono le loro supposte cause coscienti: ad esempio, quando decidiamo di muovere un dito, il movimento avviene dopo 150 o 200 millisecondi, ma le aree cerebrali ad esso preposte si attivano 350 o 400 millisecondi prima dell´ordine!
Giustamente, nel capitolo finale del suo libro Libet si pone la domanda fatidica: «Che cosa significa tutto questo?», ma si limita a notare che il breve intervallo fra una volizione mentale e la sua esecuzione materiale è sufficientemente lungo per permetterci di inibire il movimento. In altre parole, il nostro libero arbitrio sembra essere compatibile con il compito negativo di evitare qualcosa che altrimenti succederebbe in maniera indipendente dalla nostra volontà: forse per questo i comandamenti etici, siano essi dettati da Jahvé a Mosè, o suggeriti dal daimon a Socrate, o proposti come regola aurea («non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te») da Confucio, sono più proibitivi che impositivi, e chiedono più di non fare che di fare.
Accomodare il libero arbitrio con i compiti positivi, quali la versione cristiana della regola aurea («fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te»), è più complicato. Gli esperimenti di Libet mostrano infatti chiaramente che sia gli ordini coscienti, sia i loro supposti effetti, derivano da qualcosa che li precede entrambi, e che ne è la vera, nascosta, e per ora ignota causa (a meno, naturalmente, di voler ammettere fantascientifiche retroazioni temporali che permettano alle volizioni di attivare nel passato aree cerebrali che provochino un movimento nel futuro).
Naturalmente, rimane da spiegare quale sia il valore evolutivo di quell´illusione chiamata volizione cosciente. L´ipotesi più interessante, per ora, ci sembra quella proposta dal fisico Erwin Schrödinger, premio Nobel nel 1932, nel suo libro Mente e materia, che si può illustrare con una metafora. Quando i primi uomini sbarcarono sulla Luna, il 20 luglio 1969, il volo della navicella spaziale procedette in maniera automatica fino all´atterraggio, a parte una piccola correzione di rotta effettuata manualmente da Armstrong all´ultimo momento, per evitare un ostacolo imprevisto: la coscienza è come quella correzione di rotta, necessaria fino a quando la navicella umana si sarà sufficientemente evoluta per poter procedere completamente col pilota automatico, come già fanno altre specie che noi con infantile superbia riteniamo e chiamiamo «inferiori».
(28 ago 2007) " di Piergiorgio Odifreddi
2 commenti:
leggere l'intero blog, pretty good
imparato molto
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