lunedì 24 gennaio 2011

Prigioniero del proprio ego ( D.H. Lawrence )

Come una pianta diventa prigioniera del suo
vaso, l’uomo diventa prigioniero
del suo ego, chiuso
nella sua limitata coscienza mentale.

Allora non può più sentire
o amare, o gioire, o provare dolore.

È prigioniero del suo ego
prigioniero del suo vaso
nel vaso della sua coscienza mentale
e non può che morire, man mano.

A meno che non sia una pianta forte.
Allora può far scoppiare il vaso
uscire dal guscio del suo ego
e mettere radici ancora nella terra,
nella terra viva.
D.H. Lawrence

martedì 30 novembre 2010

L'illuminazione prima dell' l'illuminazione ( S.Suzuki )

“Nella nostra vita di tutti i giorni comunemente ci sforziamo sempre di fare qualcosa, di cambiare qualcosa in qualcos'altro, o di ottenere qualcosa. Proprio questo sforzarci è già di per sé un'espressione della nostra vera natura. Il significato è implicito nello sforzo stesso. Bisogna scoprire il significato del proprio sforzo prima di ottenere il risultato. Per questo Dogen diceva : 'Bisogna raggiungere l'illuminazione prima di raggiungere l'illuminazione'. Non è dopo aver raggiunto l'illuminazione che ne scopriamo il vero significato. Sforzarsi di fare qualcosa è già di per sé illuminazione. (….)
Che cos'è più importante: raggiungere l'illuminazione o raggiungere l'illuminazione prima di raggiungere l'illuminazione ? Fare un sacco di soldi, oppure godere la vita nel vostro sforzo graduale, a poco a poco, anche se è impossibile fare tutti quei soldi ? Avere successo, oppure trovare un significato nel vostro sforzo di avere successo ? Se non sapete la risposta, non sarete nemmeno capaci di praticare lo zazen, se la sapete avrete scoperto il vero tesoro della vita”
Shunryu Suzuki, “Mente zen Mente di principiante”

sabato 27 novembre 2010

Pensare insieme ( J.Krishnamurti )

"Pensare insieme non ha nulla a che fare can l’essere d’accordo o il non esserlo, ma richiede che vengano messi completamente da parte pregiudizi, criteri di valutazione, punti di vista e opinioni personali. Pensare insieme significa I’assenza di qualsiasi divisione tra noi; significa che in voi non c’e un pensatore separato dall’atto di pensare. C’e soltanto l’atto di pensare, la capacita di pensare insieme, e non il vostro modo personale di pensare, diverso dal modo di un’altra persona.

Ma evidentemente questa assenza di divisione non può sussistere se non siete disposti a mettere da parte le vostre esigenze personali, la vostra vanità, le vostre conclusioni particolari, cui date tanta importanza. Finchè non mettete da parte tutto questo, non è possibile incontrarci, non e possibile essere insieme. La parola ‘insieme’ significa camminare insieme, essere vicini in ogni momento e non stare uno avanti e l’altro indietro. Significa fare la stessa strada senza pensare a cose diverse, guardare le stesse cose senza interpretare quello che si vede in base alle proprie preferenze, ai propri pregiudizi; significa osservare, ascoltare, camminare insieme."
Jiddu Krishnamurti – Che cosa vi farà cambiare

mercoledì 17 novembre 2010

Kabir

O cuore mio
A quale riva vorresti traghettarti,
oh cuore mio? Nessuno è in viaggio,
davanti a te, non c'è alcuna strada.

Dov'è il movimento,
dov'è la quiete su quella riva?

Non c'è acqua. Né c'è barca né c'è barcaiolo.

Non c'è fune a sufficienza per alare
la barca, né c'è un uomo che la tiri.
Né terra, né cielo, né tempo
né altro, là. Né riva né guado!

Là non vi sono né corpo né mente.
E dov'è il luogo che spegnerà la sete dell'anima?
Non troverai nulla in quel vuoto.
Sii forte, entra nel tuo stesso corpo;
poiché là lo sgabello è ben saldo.

Valuta bene tutto ciò, o cuore mio!
Non andare altrove.

Kabir

lunedì 18 ottobre 2010

Siamo ciò che pensiamo ( Dhammapada )

"Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero torbido
è seguita dalla sofferenza,
come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue.

Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo
è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero limpido
è seguita dalla gioia,
come la tua ombra ti segue, inseparabile."
Dhammapada

William Blake

"Chi si lega alla gioia,
l'alata vita distrugge.
Chi bacia la gioia al suo passare,
vive nell'alba dell'eternità."
William Blake

domenica 17 ottobre 2010

Niente di speciale. ( C. Joko Bec )

"Che cosa accade con la vera pratica? Perché la sensazione di venire feriti dalla vita inizia col tempo a indebolirsi? Che cosa avviene?
Solo un sé egocentrico, un sé aggrappato a mente e corpo, può essere ferito. Tale sé è in realtà un concetto formato dai pensieri in cui crediamo, ad esempio: «Se non posso averlo, starò malissimo», o «Se non mi va bene, sarà terribile», o «Non avere una casa è davvero orribile». Ciò che chiamiamo il sé non è altro che una serie di pensieri a cui siamo attaccati. Se siamo totalmente assorbiti nel nostro piccolo sé, la realtà, l'energia fondamentale dell'universo, resterà completamente ignorata. [...]
Non vi invito certo a tagliarvi fuori da tutto per essere liberi dall'attaccamento. L'attaccamento non riguarda ciò che abbiamo, ma le nostre opinioni su ciò che abbiamo. [...]
Il lento e difficile cambiamento indotto dalla pratica fonda la nostra vita e le dà più pace genuina. Senza lottare per essere in pace, scopriamo che le tempeste della vita ci colpiscono sempre più lievemente. Iniziamo ad allentare l'attaccamento ai pensieri che identifichiamo con noi stessi. L'io è un concetto che si logora con la pratica.
[...]
L'atteggiamento o comprensione basilare di non essere separati causa un cambiamento radicale nella nostra vita emotiva. Questa comprensione implica che, di fronte a qualunque fatto, non ci sentiamo particolarmente feriti. Ciò non significa non occuparsi dei problemi che si presentano, ma non borbottare mentalmente: «Che cosa terribile! Nessuno passa i guai che io sto passando». È come se la comprensione cancellasse questo tipo di reazioni.
Studente Quindi, sentirsi feriti è solo i nostri pensieri riguardo a una situazione?
Joko Sì. Non identificandoci più con questi pensieri, affrontiamo semplicemente la situazione e non lasciamo che influisca emotivamente su di noi.
Studente Ma possiamo sentirci feriti.
Joko Certo, e non sarò io a negare questo sentimento. Nella pratica lavoriamo con le sensazioni fisiche e i pensieri che sono, nel loro insieme, questo 'mi sento ferito'. Se sperimentiamo totalmente le sensazioni e i pensieri, il 'mi sento ferito' evapora. Non dirò mai che non dovremmo sentire i sentimenti che proviamo.
Studente Allora vuoi dire di lasciar andare l'attaccamento per la ferita?
Joko No. Non possiamo obbligarci a lasciar andare un attaccamento. Anche se l'attaccamento è solo un pensiero, non possiamo decidere: «Adesso lo lascio andare». Non può funzionare. Dobbiamo capire che cos'è l'attaccamento. Dobbiamo sperimentare la paura, la sensazione fisica che sta sotto l'attaccamento. allora l'attaccamento avvizzirà. Un'incomprensione diffusa è che nello Zen dobbiamo 'lasciar andare'. Non possiamo costringerci a lasciar andare. Dobbiamo sperimentare la paura che c'è dietro.
Inoltre, sperimentare l'attaccamento o la sensazione non significa drammatizzarlo. Drammatizzare un'emozione significa nasconderla.
Studente Se sperimentassi davvero la mia tristezza, non avrei più bisogno di piangere?
Joko Possiamo anche piangere. Ma c'è una differenza tra piangere e drammatizzare la nostra tristezza, paura o rabbia. Drammatizzare è il più delle volte un nascondere. Per esempio, una persona che urla, strilla, lancia oggetti e si accapiglia con un altro, non è in contatto con la sua rabbia" (pp. 60, 63Niente di speciale.
Charlotte Joko Bec,Niente di speciale.Vivere lo zen